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Lauree umanistiche: impiego possibile?
AlmaLaurea a Trieste per il dibattito “Umanisti al lavoro”
mercoledì 27 novembre 2013
«Utopici, irreali, lavativi, destinati al precariato secolare, siete i paria del mondo universitario!». Di chi stiamo parlando? Dei laureati o aspiranti tali, iscritti in Italia alle facoltà umanistiche. «Bravo, conosci il latino ma non sai fare il bilancio di un'azienda» o, peggio ancora, «Filosofia, bah, ma a che serve?».
Lo scorso 14 Novembre si è svolto a Trieste nel Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università un incontro con Andrea Cammelli, direttore del Consorzio AlmaLaurea, sui dati del rapporto 2013 in relazione all'area socio-umanistica dal titolo "Umanisti al lavoro". A supporto degli amanti delle humanae litterae, ribadisce Camelli, la percentuale di laureati in Italia in facoltà umanistiche (22%) è inferiore a quella degli Usa (29%), della Germania (31%) e al 27% dell'Inghilterra. Partendo dall'analisi dei laureati a Trieste in Scienze Politiche e in Lettere e Filosofia, lavorano rispettivamente l'88 e l'86 per cento di essi. Sicuramente, non in tutti gli altri atenei italiani la situazione è altrettanto florida in fatto di occupazione ma, come sostenuto durante il dibattito, la creazione di una rete di tutor che si occupino di tirocinio potrebbe rappresentare un interessante mezzo di inclusione lavorativa.
Uno fra i principali motivi di scoraggiamento degli aspiranti laureati in facoltà umanistiche è una percezione erronea e parziale di quelli che poi potrebbero essere i loro futuri sbocchi lavorativi. Per un laureato in Lettere e Filosofia, ad esempio, è difficile considerare un futuro lavorativo che non sia necessariamente legato all'insegnamento tradizionale perché manca la consapevolezza delle proprie competenze e risorse. Il mondo del lavoro non è mai stato così incerto e instabile e questo si traduce nella sottostima di quelli che Gramsci chiamava intellettuali tradizionali. Eppure, adesso più che mai, la nascita di nuove professioni, necessita di nuove competenze che fanno della multidisciplinarità il loro forte. Anche una grande multinazionale produttrice di materiale industriale, ad esempio, recluta esperti in comunicazione, marketing, pubblic relations, interpreti e, quindi, laureati in Comunicazione, Lettere, Marketing o Lingue. Un'alterativa, forse, è possibile.
Lo scorso 14 Novembre si è svolto a Trieste nel Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università un incontro con Andrea Cammelli, direttore del Consorzio AlmaLaurea, sui dati del rapporto 2013 in relazione all'area socio-umanistica dal titolo "Umanisti al lavoro". A supporto degli amanti delle humanae litterae, ribadisce Camelli, la percentuale di laureati in Italia in facoltà umanistiche (22%) è inferiore a quella degli Usa (29%), della Germania (31%) e al 27% dell'Inghilterra. Partendo dall'analisi dei laureati a Trieste in Scienze Politiche e in Lettere e Filosofia, lavorano rispettivamente l'88 e l'86 per cento di essi. Sicuramente, non in tutti gli altri atenei italiani la situazione è altrettanto florida in fatto di occupazione ma, come sostenuto durante il dibattito, la creazione di una rete di tutor che si occupino di tirocinio potrebbe rappresentare un interessante mezzo di inclusione lavorativa.
Uno fra i principali motivi di scoraggiamento degli aspiranti laureati in facoltà umanistiche è una percezione erronea e parziale di quelli che poi potrebbero essere i loro futuri sbocchi lavorativi. Per un laureato in Lettere e Filosofia, ad esempio, è difficile considerare un futuro lavorativo che non sia necessariamente legato all'insegnamento tradizionale perché manca la consapevolezza delle proprie competenze e risorse. Il mondo del lavoro non è mai stato così incerto e instabile e questo si traduce nella sottostima di quelli che Gramsci chiamava intellettuali tradizionali. Eppure, adesso più che mai, la nascita di nuove professioni, necessita di nuove competenze che fanno della multidisciplinarità il loro forte. Anche una grande multinazionale produttrice di materiale industriale, ad esempio, recluta esperti in comunicazione, marketing, pubblic relations, interpreti e, quindi, laureati in Comunicazione, Lettere, Marketing o Lingue. Un'alterativa, forse, è possibile.