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Utopia o realtà?

Sogni e aspettative di un'aspirante insegnante

«Un maestro è per sempre». Sembrerebbe una frase fatta ma, diciamocelo, chi tra noi riuscirebbe mai a dimenticare il primo insegnante delle scuole elementari? Un alone quasi mistico volteggia attorno a questa figura mitica, la prima a svelarci i misteri della matematica oppure ad insegnarci a leggere il mondo. Eppure fare l'insegnante nel Bel Paese è diventato un lusso per pochi: alta probabilità di disoccupazione o, nel migliore dei casi, precariato.

Parliamo con Cinzia, 23 anni, iscritta a Scienze della Formazione Primaria a Bari, indirizzo Scuola Elementare Primaria. «Il mio corso di studi» afferma Cinzia, «consiste in 4 anni, secondo il vecchio ordinamento che sarà esaurito entro il 2014. Si tratta di un corso di laurea a numero chiuso che prevede un test di ammissione. Dal 2011 è entrato in vigore il nuovo ordinamento che prevede un corso unico di 5 anni abilitante in entrambi gli indirizzi: Scuola dell'Infanzia e Scuola Elementare Primaria».

Scienze della Formazione Primaria o Scienze dell'Educazione? Queste due novelle facoltà vengono facilmente confuse ed è facile incappare nei soliti luoghi comuni: «non servono a nulla, sono banali e semplici». «La differenza principale» ci tiene a precisare la nostra studentessa «risiede proprio nello sbocco lavorativo: scienze della Formazione Primaria forma insegnanti di scuola primaria e/o di scuola dell'infanzia mentre scienze dell'Educazione forma educatori e cioè figure professionali che coadiuvano i docenti». Il corso di laurea nel vecchio ordinamento prevede attività di tirocinio annuali. Sono previste due formule differenti: il tirocinio indiretto, svolto in università, prevede attività d'aula, simulazioni, presentazioni di testimonianze, lavori di gruppo, uscite sul territorio in relazione ad esperienze educative e didattiche emblematiche. Il tirocinio diretto, invece, è quello tradizionalmente effettuato all'interno delle istituzioni scolastiche.

Ma veniamo alle dolenti note. Come si predispone l'Università DI Bari ad affrontare l'avvento delle nuove tecniche pedagogiche e l'utilizzo delle nuove tecnologie nella didattica? «Ciò che rende precario il mio corso sono i problemi di natura logistica (disponibilità di aule e sussidi didattici come videoproiettori, computer che spesso mancano o non funzionano». Insomma facoltà diverse, stessi problemi di sempre. «Tuttavia» aggiunge Cinzia «giunta quasi al termine di questo percorso universitario, posso affermare di aver fatto un'esperienza positiva soprattutto sotto il profilo culturale. Il corso si avvale di docenti qualificati e nella maggior parte dei casi molto disponibili e aperti alle esigenze degli studenti».

Cosa risponde Cinzia al cupo presagio di precariato lavorativo che spinge molti giovani ad abbandonare ogni speranza? «Auguro a tutti i giovani come me di continuare a sperare e a rincorrere i propri sogni con tenacia e coraggio, perché solo così un giorno si potranno realizzare…»


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