Depuratore sequestro Andria
Depuratore sequestro Andria
Cronaca

Sequestrato il depuratore di Andria: 14 persone indagate

Il provvedimento autorizza alla facoltà d'uso. Contestati reati ambientali e contro la P.A.

L'inchiesta della Procura di Trani non si ferma e continua ad indagare sui reati ambientali e contro la Pubblica Amministrazione che riguardano i depuratori della BAT. Quindici giorni fa il sequestro con facoltà d'uso del depuratore di Bisceglie (Articolo AndriaViva 26 settembre): ieri pomeriggio il sequestro del depuratore di Andria in esecuzione di un decreto emesso dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Trani, dottor Antonio Savasta. Militari del Nucleo di polizia giudiziaria della Capitaneria di porto, Guardia costiera di Bari e del Comando Gruppo Guardia di finanza di Barletta, hanno sottoposto a sequestro probatorio l'impianto di depurazione della città di Andria, sito in località "Gorgoruotolo".

Naturalmente, come negli altri casi di sequestro di impianti di questo tipo, il provvedimento autorizza la facoltà d'uso, ma ha affidato la gestione in custodia giudiziaria ad un dirigente dell'Acquedotto pugliese S.p.A., esclusivamente ai fini dell'accertamento degli agenti di contaminazione chimica e batteriologica lungo l'intero percorso delle acque reflue le quali, in uscita dal depuratore, sono convogliate nel canale "Ciappetta Camaggio" dal quale poi vengono scaricate nel mare Adriatico, nei pressi della città di Barletta.

Complessivamente, sono indagate 14 persone: due legali rappresentanti e due funzionari dell'Acquedotto pugliese S.p.A. il soggetto gestore dell'impianto, l'amministratore unico della Pura depurazione S.r.l. azienda deputata alla conduzione, due amministratori della società privata incaricata di eseguire i lavori di adeguamento dell'impianto di depurazione, il presidente e due componenti della Commissione di collaudo, un dirigente della Regione Puglia, il Presidente e due funzionari dell'Autorità idrica pugliese. Per loro, a vario titolo, i reati contestati sono quelli di gravi illeciti di natura ambientale, quali il getto pericoloso di cose, il deturpamento di bellezze naturali, il superamento dei valori tabellari nello scarico in acque superficiali, il deposito e trattamento (in assenza di autorizzazione) dei fanghi prodotti dall'impianto di depurazione, l'emissione in atmosfera (in assenza di autorizzazione) di gas maleodoranti. A questi si aggiungono i reati contro la pubblica amministrazione, quali l'omissione di atti d'ufficio, l'interruzione di un servizio di pubblica necessità, la frode e l'inadempimento di contratti nelle pubbliche forniture. Infine, contestate anche violazioni delle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro con omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.

Le indagini e la corposa ed articolata attività investigativa, hanno consentito di accertare l'attuale e persistente stato di degrado degli impianti che, a causa di gravissime condizioni manutentive e precarietà nella conduzione, risultano funzionanti in pessime condizioni ed inidonei all'espletamento dei cicli di depurazione. Pertanto i reflui, frammisti a fango, sono sversati, unitamente ad acque non depurate. E' stata verificata l'esecuzione di opere manutentive dell'ultimo momento tese a creare un'apparenza di funzionamento, sia pur momentaneo, dell'impianto, nonché gravi e colpevoli ritardi nello svolgimento delle operazioni di collaudo tecnico-amministrativo. Inoltre, le risultanze delle analisi (eseguite dall'Istituto zooprofilattico di Putignano) dei campioni di acque reflue prelevati nello scorso mese di settembre, hanno permesso di riscontrare la presenza di geni propri del batterio Escherichia Coli – VTEC del sierogruppo 26, ritenuto responsabile della "sindrome emolitico uremica", infezione che, durante la trascorsa stagione estiva, ha colpito sia bambini che adulti.
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