Decervellamento
Giocare?
Un gioco da ragazzi, e bambini
martedì 9 aprile 2013
Dove inizia dare l'opportuna importanza e il giusto valore al gioco è difficile dirlo. I bambini ci sono sempre stati, ma il loro riconoscimento come persone portatrici di una specifica cultura è qualcosa di molto più recente. Nel tempo l'attenzione al gioco infantile è stata via via maggiore, e nel mondo greco-romano abbiamo la certezza che venisse sperimentato il legame fra gioco e didattica: dolci a forma di lettera venivano usati per insegnare a leggere e giochi di imitazione utilizzati per insegnare la storia degli antenati.
Il gioco dei più piccoli, ma anche dei più grandi, si struttura attraverso simboli e metafore, come nel caso di giochi con guardie e ladri: suscita emozioni e determina situazioni anche conflittuali, come l'essere esclusi, e il perdere. Inoltre il gioco sottopone l'individuo a relazioni anche difficili, come ad esempio l'essere colpiti, eliminati o traditi dal compagno, ma, allo stesso tempo, genera nel giocatore spinte positive, entusiasmo, legato al movimento, al divertimento, alla ricerca dell'altro.
Il gioco è fonte di sviluppo. Lo sviluppo degli affetti, delle capacità relazioni, della coscienza di sé e del proprio essere con gli altri sono potenzialità da salvaguardare e accrescere: proprio nel gioco si muovono amicizie e antipatie, esuberanze e timidezze, limiti e regole. Che si tratti di bambini o adulti, il gioco modella atteggiamenti, comportamenti e valori sociali, e quando ci si immerge nel gioco si vive un'esperienza intensa, profonda che racchiude in sé attese individuali e aspettative sociali.
Oggi tutti i documenti internazionali affermano il diritto al gioco del bambino che viene proclamato come bisogno vitale dell'infanzia, motivato da esigenze di ordine fisiologico, psichico, spirituale e sociale e basato sul riconoscimento della pienezza umana in ogni fase della vita. C'è solo da augurarsi che tanto interesse verso le esigenze del mondo dell'infanzia trovi come corrispettivo anche un adeguato e pratico impegno sociale e politico in termini di creazione di spazi e di infrastrutture sempre più consoni alle richieste ludiche dei bambini.
Il gioco dei più piccoli, ma anche dei più grandi, si struttura attraverso simboli e metafore, come nel caso di giochi con guardie e ladri: suscita emozioni e determina situazioni anche conflittuali, come l'essere esclusi, e il perdere. Inoltre il gioco sottopone l'individuo a relazioni anche difficili, come ad esempio l'essere colpiti, eliminati o traditi dal compagno, ma, allo stesso tempo, genera nel giocatore spinte positive, entusiasmo, legato al movimento, al divertimento, alla ricerca dell'altro.
Il gioco è fonte di sviluppo. Lo sviluppo degli affetti, delle capacità relazioni, della coscienza di sé e del proprio essere con gli altri sono potenzialità da salvaguardare e accrescere: proprio nel gioco si muovono amicizie e antipatie, esuberanze e timidezze, limiti e regole. Che si tratti di bambini o adulti, il gioco modella atteggiamenti, comportamenti e valori sociali, e quando ci si immerge nel gioco si vive un'esperienza intensa, profonda che racchiude in sé attese individuali e aspettative sociali.
Oggi tutti i documenti internazionali affermano il diritto al gioco del bambino che viene proclamato come bisogno vitale dell'infanzia, motivato da esigenze di ordine fisiologico, psichico, spirituale e sociale e basato sul riconoscimento della pienezza umana in ogni fase della vita. C'è solo da augurarsi che tanto interesse verso le esigenze del mondo dell'infanzia trovi come corrispettivo anche un adeguato e pratico impegno sociale e politico in termini di creazione di spazi e di infrastrutture sempre più consoni alle richieste ludiche dei bambini.