Biologica-Mente

Un inganno a fin di bene

Una nuova ricerca finanziata da Telethon

Quando l'inganno è a fin di bene. È quello che dimostrano i ricercatori del Tigem di Napoli, l'eccellente centro di ricerca genetica finanziato dalla fondazione Telethon, con il loro ultimo studio. Il gruppo guidato da Alessandro Fraldi e in collaborazione con l'equipe di Andrea Ballabio ha condotto uno studio sulla sindrome di San Filippo, una malattia neurodegenerativa di origine genetica, guadagnandosi la possibilità di pubblicare il proprio studio su una delle più prestigiose riviste scientifiche, l'EMBO Molecular Medicine.

I soggetti affetti da questa sindrome, infatti, già dai primi anni di vita vanno incontro ad una grave degenerazione nervosa, con conseguenti disturbi del sonno, iperattività, aggressività e un'aspettativa di vita spesso inferiore ai 20 anni. La patologia è dovuta ad un difetto nel gene che codifica per un enzima lisosomiale (la sulfamidasi), una proteina in grado di degradare all'interno dei lisosomi lunghe catene di zuccheri complessi e acidi (simili all'acido ialuronico, quello che il chirurgo plastico inietta assieme al collagene per far sparire le rughe). La mancanza di questo importante enzima all'interno dei lisosomi, i cosiddetti "spazzini" delle nostre cellule, provoca un accumulo di questi composti che porta rapidamente ad un danneggiamento dei tessuti, in particolare di quello nervoso.

Attualmente non esistono ancora vere e proprie cure. Non basta, come si fa già per altre patologie simili, somministrare dall'esterno l'enzima mancante. Il nostro sistema nervoso, difatti, è protetto da un "muro", la barriera emato-encefalica, che impedisce il passaggio della maggior parte delle sostanze che entrano in circolazione nel nostro corpo (ad eccezione della caffeina e della cocaina). Nonostante la sua funzione protettiva fondamentale, può risultare un grosso ostacolo nella somministrazione di farmaci e di molecole terapeutiche.

Attraverso moderne tecniche di ingegneria genetica i ricercatori del Tigem sono riusciti a rendere la proteina più "simpatica" al sistema nervoso e in grado di superare la suddetta barriera. Il gene "sano" della sulfamidasi è stato iniettato in topi tramite un virus (opportunamente reso innocuo per l'organismo) che mostra una preferenza per le cellule del fegato. Questo organo è il principale "serbatoio" di enzimi del nostro organismo e svolge l'importante ruolo di metabolizzare i farmaci. Il nuovo gene, però, è stato precedentemente modificato geneticamente. Dunque l'inganno consiste proprio nell'aggiunta al gene di un piccolo pezzo che permette una maggiore produzione della proteina all'interno del fegato e un altro pezzettino che imbroglia la barriera dell'encefalo e ne permette il superamento, sfruttando la facilità di ingresso di un'altra proteina complice della truffa, la ApoB.

La sperimentazione, ancora limitata al modello animale, si è dimostrata efficace nel raggiungimento del sistema nervoso centrale e nella riduzione dei sintomi della sindrome, ma soprattutto ha posto le basi per nuove e future efficaci sperimentazioni contro altre sindromi simili e patologie neurodegenerative.
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