Biologica-Mente
La proteina nemica dei neuroni
Scoperta un’interazione “negativa” di proteine nell’Alzheimer
venerdì 31 maggio 2013
Anche in biologia esistono le "cattive compagnie". È quanto viene messo in luce nell'ultimo studio del gruppo di ricerca guidato da Monica Di Luca del Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell'Università di Milano, che si è guadagnato un articolo sul prestigioso Journal of Clinical Investigation.
Il gruppo nel 2010 aveva già dimostrato il ruolo cruciale svolto dalla proteina soprannominata ADAM10 nella patologia dell'Alzheimer. Il morbo, infatti, è la forma più comune di demenza degenerativa altamente invalidante dei nostri tempi. La malattia ha solitamente esordio oltre i 65 anni, ma esistono casi di insorgenza in più giovane età. Tra i primi sintomi più diffusi la perdita di memoria e le amnesie che diventano sempre più frequenti con il progredire della patologia, fino alla totale perdita del controllo di movimenti volontari e all'incapacità di parlare o comprendere. A questi possono aggiungersi complicazioni della salute generale del paziente che possono portare alla morte anche ben dopo 10 anni dalla diagnosi di Alzheimer.
All'interno delle cellule nervose di un paziente malato di Alzheimer si va ad accumulare una particolare proteina, la beta-amiloide, che letteralmente si impacchetta su se stessa formando grossi aggregati. Questi ultimi progressivamente danneggiano le cellule nervose e portandole a degenerazione, impediscono la comunicazione tra di esse attraverso le sinapsi e diminuiscono il rilascio di neurotrasmettitori. Le sinapsi non sono altro che le strutture altamente specializzate dei neuroni, una sorta di "centralini del cervello", attraverso cui passano da una all'altra le informazioni per giungere poi alle loro destinazioni finali (per esempio i muscoli o altri organi).
La nostra ADAM10, precedentemente scoperta dal gruppo come aiutante nella maturazione dei neuroni e nella formazione delle sinapsi, svolge soprattutto un ruolo protettivo contro l'accumulo della beta-amiloide all'interno di esse. Lo stesso gruppo ha ora scoperto, però, che l'interazione tra ADAM10 e un'altra proteina, chiamata AP2, ha un effetto negativo sulla prima poiché la allontana dalle sinapsi, annullando l'azione protettiva svolta. Difatti il livello di proteina ADAM10 associata ad AP2 si è visto essere maggiore nei malati di Alzheimer.
L'importante studio ha posto le basi per una migliore comprensione a livello molecolare delle cause di insorgenza e dei meccanismi di sviluppo di questa patologia ancor oggi così enigmatica e piena di interrogativi.
Il gruppo nel 2010 aveva già dimostrato il ruolo cruciale svolto dalla proteina soprannominata ADAM10 nella patologia dell'Alzheimer. Il morbo, infatti, è la forma più comune di demenza degenerativa altamente invalidante dei nostri tempi. La malattia ha solitamente esordio oltre i 65 anni, ma esistono casi di insorgenza in più giovane età. Tra i primi sintomi più diffusi la perdita di memoria e le amnesie che diventano sempre più frequenti con il progredire della patologia, fino alla totale perdita del controllo di movimenti volontari e all'incapacità di parlare o comprendere. A questi possono aggiungersi complicazioni della salute generale del paziente che possono portare alla morte anche ben dopo 10 anni dalla diagnosi di Alzheimer.
All'interno delle cellule nervose di un paziente malato di Alzheimer si va ad accumulare una particolare proteina, la beta-amiloide, che letteralmente si impacchetta su se stessa formando grossi aggregati. Questi ultimi progressivamente danneggiano le cellule nervose e portandole a degenerazione, impediscono la comunicazione tra di esse attraverso le sinapsi e diminuiscono il rilascio di neurotrasmettitori. Le sinapsi non sono altro che le strutture altamente specializzate dei neuroni, una sorta di "centralini del cervello", attraverso cui passano da una all'altra le informazioni per giungere poi alle loro destinazioni finali (per esempio i muscoli o altri organi).
La nostra ADAM10, precedentemente scoperta dal gruppo come aiutante nella maturazione dei neuroni e nella formazione delle sinapsi, svolge soprattutto un ruolo protettivo contro l'accumulo della beta-amiloide all'interno di esse. Lo stesso gruppo ha ora scoperto, però, che l'interazione tra ADAM10 e un'altra proteina, chiamata AP2, ha un effetto negativo sulla prima poiché la allontana dalle sinapsi, annullando l'azione protettiva svolta. Difatti il livello di proteina ADAM10 associata ad AP2 si è visto essere maggiore nei malati di Alzheimer.
L'importante studio ha posto le basi per una migliore comprensione a livello molecolare delle cause di insorgenza e dei meccanismi di sviluppo di questa patologia ancor oggi così enigmatica e piena di interrogativi.