Attualità
Xylella: "Si può imparare a convivere con il patogeno"
L’agroecologo, Gianluigi Cesari: ”Grazie al protocollo Scortichini, alcuni produttori hanno notato maggior vigoria delle piante”
Puglia - venerdì 6 marzo 2020
9.30
Dal 2013 la xylella fastidiosa ha cambiato inesorabilmente il volto delle nostre campagne. Il batterio killer ha condannato a morte centinaia di ulivi nel Salento e poco tempo fa, ha minacciato anche il nord della Puglia senza contare ingenti danni sull'economia locale. I numeri parlano chiaro: circa 6 milioni di ulivi infetti, 1.2 miliardi di danni e 5 mila posti di lavoro persi. Agricoltori in ginocchio, frantoi venduti pezzo per pezzo all'estero, in particolare in Tunisia e Marocco.
Numeri che hanno fatto paura anche all'Unione Europea tanto da chiedere al nostro paese di abbattere gli ulivi infetti e di piantare due varietà in grado di resistere al diseccamento rapido, Leccino e Favolosa.
Dunque, una soluzione definitiva che protegga gli uliveti, compresi quelli secolari, dal batterio, per ora non esiste: però si può imparare a convivere con il patogeno. Come?
Una soluzione, seppure non definitiva, è stata suggerita dal ricercatore Marco Scortichini del Centro di Ricerca per l'Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura (CREA) di Roma, il quale ha individuato un metodo per proteggere gli alberi dal batterio invisibile. Trattasi di un concime fogliare a base di zinco, rame e acido citrico con interventi sul terreno e sulla pianta mediante arature regolari e potature frequenti che consente di ridurre la comparsa di sintomi in piante d'ulivo, precedentemente diagnostiche come infette da xylella. Il trattamento viene effettuato tramite nebulizzazione e in alcuni casi il prodotto viene inoculato tramite siringhe sulla corteccia degli alberi. Il protocollo è stato poi seguito da un gruppo di olivicoltori, decisi di intraprendere una via diversa rispetto a quella dettata dall'ordinanza emessa dalla Ue.
"Si cura la pianta con disseccamento, abbattendo la carica batterica e permettendo alla pianta stessa di produrre. Un metodo sostenibile che consente la salvaguardia della biodiversità dell'area e del paesaggio" – chiarisce l'agroecologo Gianluigi Cesari, già componente della Task Force della Regione Puglia – "La Regione Puglia ha finanziato il protocollo CREA ed in merito esistono quattro pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali, frutto di collaborazioni interdisciplinari che mirano a sviluppare tecniche di autodifesa verso il patogeno. Alcuni produttori hanno osservato una maggiore vigoria delle piante, come si può notare dalle foto scattate nei mesi di luglio e ottobre 2019 e gennaio 2020. Stesso oliveto ma due gestioni differenti: a sinistra olivi trattati con il protocollo Scortichini mentre a destra quelli non trattati".
Proprio dalla volontà degli olivicoltori di resistere al batterio, potrebbe nascere una Comunità Slow Food per la produzione di olio extravergine; auspicandoci nel frattempo, che i ricercatori possano al più presto individuare trattamenti più efficaci per porre fine a questo male endemico che ha già compromesso pesantemente l'olivicoltura pugliese.
Numeri che hanno fatto paura anche all'Unione Europea tanto da chiedere al nostro paese di abbattere gli ulivi infetti e di piantare due varietà in grado di resistere al diseccamento rapido, Leccino e Favolosa.
Dunque, una soluzione definitiva che protegga gli uliveti, compresi quelli secolari, dal batterio, per ora non esiste: però si può imparare a convivere con il patogeno. Come?
Una soluzione, seppure non definitiva, è stata suggerita dal ricercatore Marco Scortichini del Centro di Ricerca per l'Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura (CREA) di Roma, il quale ha individuato un metodo per proteggere gli alberi dal batterio invisibile. Trattasi di un concime fogliare a base di zinco, rame e acido citrico con interventi sul terreno e sulla pianta mediante arature regolari e potature frequenti che consente di ridurre la comparsa di sintomi in piante d'ulivo, precedentemente diagnostiche come infette da xylella. Il trattamento viene effettuato tramite nebulizzazione e in alcuni casi il prodotto viene inoculato tramite siringhe sulla corteccia degli alberi. Il protocollo è stato poi seguito da un gruppo di olivicoltori, decisi di intraprendere una via diversa rispetto a quella dettata dall'ordinanza emessa dalla Ue.
"Si cura la pianta con disseccamento, abbattendo la carica batterica e permettendo alla pianta stessa di produrre. Un metodo sostenibile che consente la salvaguardia della biodiversità dell'area e del paesaggio" – chiarisce l'agroecologo Gianluigi Cesari, già componente della Task Force della Regione Puglia – "La Regione Puglia ha finanziato il protocollo CREA ed in merito esistono quattro pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali, frutto di collaborazioni interdisciplinari che mirano a sviluppare tecniche di autodifesa verso il patogeno. Alcuni produttori hanno osservato una maggiore vigoria delle piante, come si può notare dalle foto scattate nei mesi di luglio e ottobre 2019 e gennaio 2020. Stesso oliveto ma due gestioni differenti: a sinistra olivi trattati con il protocollo Scortichini mentre a destra quelli non trattati".
Proprio dalla volontà degli olivicoltori di resistere al batterio, potrebbe nascere una Comunità Slow Food per la produzione di olio extravergine; auspicandoci nel frattempo, che i ricercatori possano al più presto individuare trattamenti più efficaci per porre fine a questo male endemico che ha già compromesso pesantemente l'olivicoltura pugliese.