Filippo Patroni Griffi
Filippo Patroni Griffi
Politica

Patroni Griffi: «Disponibile a modifiche, ma nel rispetto del Decreto»

Intanto il Decreto Province è fermo al Senato. Il richiamo ai partiti: «I localismi possono essere superati solo dal Parlamento»

«Da parte del Governo c'è una ovvia disponibilità al confronto e ad eventuali modifiche, soprattutto nella fase transitoria, purché resti salva l'impronta del decreto - ha affermato in questi giorni, a margine della Conferenza Unificata, il ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi, in cui si è parlato del riordino delle province - Questa fase è complessa e potrebbe richiedere tempi diversi o diversi soggetti che gestiscono il cambiamento. Più difficile è poter tenere conto di tutte le istanze a livello locale che rischierebbero di sconvolgere il decreto. Spero si abbia il coraggio di cambiare - ha concluso il ministro - il nuovo assetto previsto è solo il primo tassello in vista di una riforma più complessiva che spetterà attuare alla nuova legislatura». Nella stessa sede, il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, a nome delle regioni italiane, ha espresso il suo parere negativo sul decreto: «Le Regioni non sono contrarie a una riforma, ma questo riordino, ha detto Errani, crea una situazione di incertezza, confusione, rischio ingovernabilita' di processi legati al personale, alle competenze e alle risorse».

La settimana scorsa, invece, il ministro aveva preso nuovamente la parola, per rivolgere un appello/richiamo/sfogo nei confronti dei partiti, e delle decisioni che dovranno prendere in Parlamento sul decreto di riordino delle Province: «Posso capire che per la politica sia più facile gestire, al proprio interno, l'abolizione totale delle Province anziché un loro riordino e la conseguente razionalizzazione delle funzioni. Ma, se da decenni si parla di abolizione delle Province con l'unico risultato di averne istituite di nuove, vorrà pur dire qualcosa; ora che qualcosa si fa, anzi che parlarne, si ricomincia a parlare di abolizione, sapendo che non è possibile almeno per ora farlo - è lo sfogo del ministro - Ma la cosa singolare è che il decreto di riordino non è uscito dal cappello a cilindro del Governo, ma nasce da una richiesta dei partiti di modificare l'impostazione originaria del Salva-Italia ed è l'attuazione di quanto il Parlamento ha deciso qualche mese fa con la legge di spending. E raccoglie indicazioni e contributi condivisi dalla maggioranza dei gruppi parlamentari nella Carta delle autonomie e nei disegni di legge presentati alla Camera - ricorda Patroni Griffi - Tutto naturalmente è opinabile e criticabile, ma il decreto ha razionalizzato, piuttosto che "pasticciato", un livello di governo del territorio, avendo un occhio ai modelli europei (che ne hanno tre) e un occhio al rischio che il trasferimento delle funzioni alle Regioni avrebbe comportato un non voluto aumento di enti strumentali, agenzie e relativi costi. La riforma del territorio è meditata e studiata - rivendica il ministro - Naturalmente è un primo passo. Può essere migliorata. Crea resistenze e suscita localismi, che possono essere superati solo dal Parlamento, che è il luogo deputato alla sintesi istituzionale - è l'appello di Patroni Griffi - Occorre, però, anche il coraggio del cambiamento - è il richiamo con cui il ministro conclude - E forse i cambiamenti graduali e meditati richiedono più coraggio delle dichiarazioni di cambiamento radicale, perché impongono di distinguere e di scegliere: che è il ruolo della politica».

Intanto però il decreto sul riordino delle Province è fermo in Parlamento, in commissione Affari Costituzionali al Senato. Come ha scritto, nei giorni scorsi, Lorenzo Salvia sul "Corriere della Sera": "Sono passati 20 giorni - dall'approvazione del decreto legge - Da allora sono scattati i due mesi per la conversione in legge. Ma, considerando il lungo ponte di fine anno, l'operazione va chiusa prima di Natale. Altrimenti il decreto scadrà e di Province non ne sarà eliminata neppure una". La considerazione finale di Salvia indica poi il passaggio che la politica non potrà evitare, se continuerà nell'immobilismo: "Affossare il decreto può essere una mossa tattica e accontentare qualche luogotenente locale. Quanto a portare voti, però, è tutta un'altra storia".
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