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Attualità
Dare senso al dolore
Riflessioni di Gennaro Piccolo, referente del centro Igino Giordani di Andria
Andria - sabato 5 dicembre 2020
5.48
Un amico non credente a bruciapelo mi chiede: "Perché tanto dolore, tante morti"? Sento che non posso affrontare in poche battute un argomento così bruciante e misterioso quale è quello della pandemia che stiamo vivendo; perciò, rimanendo silente, invito l'amico a proseguire la passeggiata. Ma lui m'incalza: "Chi può dare senso al dolore?". Capisco che per lui è importante ma dentro di me sento ancora forte il bisogno di silenzio e continuo a camminare senza tentare risposte. E lui, l'amico, sapendomi credente, ora mi sembra che liberi la vera domanda che si porta dentro: "Dov'è Dio, il tuo Dio?".
Siamo in prossimità della Chiesa del Crocifisso. Mi torna in mente un'espressione del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche: «Dobbiamo parlare solo di ciò di cui non possiamo tacere». D'altronde il soffrire richiede insieme il silenzio e la parola e, ora, capisco, è il tempo di parlare. Preso però ancora da un po' di rispetto umano, gli dico che anch'io sono alla ricerca di una risposta e che da un po' di tempo consulto scrittori e filosofi, credenti e non credenti, condividendo la dolorosa ricerca di quest'ultimi, così come gli orizzonti aperti dalla fede. Ma lui capisce che sto tergiversando e mi viene incontro: "E il Vangelo di cui parli e scrivi spesso?".
Rompo ogni indugio e gli dico che sì, in alcune frasi del Vangelo, ho trovato delle tracce di luce. Gliene cito alcune. Accenno poi al "crudo del Vangelo", ovvero a quei passi in cui si chiede senza ottenere. E ancora, guardando verso la porta della Chiesa, balbetto pensieri del Cardinal Martini alla "Cattedra dei non credenti"; oppure di Aldo Giordano "sulla sofferenza di Dio come unica risposta che può dare senso al dolore".
E ancora di Giordano: «Un Dio che è entrato nelle ferite dell'uomo diventando Egli stesso ferita, che accoglie tutti, soprattutto chi porta nella vita una croce, ed anche i lontani da Dio»… E di Chiara Lubich che, rivolta ai giovani del Movimento dei Focolari, parla del grido di Cristo sulla Croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", come di un Ideale che a qualcuno può apparire estemporaneo, che non ha nulla a che fare con i tanti dolori dell'umanità, ma che invece – se abbracciato e amato – in tante nazioni va testimoniando che contiene la soluzione da cui ogni problema, ogni sofferenza può avere il via.
L'amico annuisce, gli sguardi s'incrociano. Scorgo luce e pace sul suo volto, distensione profonda sul mio.
Siamo in prossimità della Chiesa del Crocifisso. Mi torna in mente un'espressione del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche: «Dobbiamo parlare solo di ciò di cui non possiamo tacere». D'altronde il soffrire richiede insieme il silenzio e la parola e, ora, capisco, è il tempo di parlare. Preso però ancora da un po' di rispetto umano, gli dico che anch'io sono alla ricerca di una risposta e che da un po' di tempo consulto scrittori e filosofi, credenti e non credenti, condividendo la dolorosa ricerca di quest'ultimi, così come gli orizzonti aperti dalla fede. Ma lui capisce che sto tergiversando e mi viene incontro: "E il Vangelo di cui parli e scrivi spesso?".
Rompo ogni indugio e gli dico che sì, in alcune frasi del Vangelo, ho trovato delle tracce di luce. Gliene cito alcune. Accenno poi al "crudo del Vangelo", ovvero a quei passi in cui si chiede senza ottenere. E ancora, guardando verso la porta della Chiesa, balbetto pensieri del Cardinal Martini alla "Cattedra dei non credenti"; oppure di Aldo Giordano "sulla sofferenza di Dio come unica risposta che può dare senso al dolore".
E ancora di Giordano: «Un Dio che è entrato nelle ferite dell'uomo diventando Egli stesso ferita, che accoglie tutti, soprattutto chi porta nella vita una croce, ed anche i lontani da Dio»… E di Chiara Lubich che, rivolta ai giovani del Movimento dei Focolari, parla del grido di Cristo sulla Croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", come di un Ideale che a qualcuno può apparire estemporaneo, che non ha nulla a che fare con i tanti dolori dell'umanità, ma che invece – se abbracciato e amato – in tante nazioni va testimoniando che contiene la soluzione da cui ogni problema, ogni sofferenza può avere il via.
L'amico annuisce, gli sguardi s'incrociano. Scorgo luce e pace sul suo volto, distensione profonda sul mio.