Burrata di Andria
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Territorio

Coldiretti contraria all'iscrizione della Burrata di Andria nell'elenco IGP

«C’è una grave e sostanziale contraddizione, oltre ad un evidente tentativo di rendere appetibile a livello commerciale un prodotto fatto con latte estero»

«E' inaccettabile che il riconoscimento comunitario IGP (Indicazione Geografica Protetta) alla 'burrata di Andria' non tenga conto delle importanti novità introdotte dal decreto che obbliga ad indicare in etichetta l'origine del latte da utilizzare per fare i prodotti lattiero – caseari 'made in Italy'. Il Disciplinare non contiene alcuna indicazione dell'origine del latte. E' una occasione perduta per il territorio e per il latte locale, un'operazione di cui beneficiano esclusivamente artigiani e industriali che vendono prodotto fatto con latte importato dall'estero, gabbando i consumatori e la sana imprenditoria zootecnica pugliese. Dal 2013 fino alla presentazione ufficiale della richiesta c'è stato un assordante silenzio della Regione Puglia sulla vicenda, nonostante le promesse dell'Assessorato alle Risorse Agroalimentari di costruire una proposta che prevedesse l'inserimento in disciplinare almeno di percentuali di prodotto locale, giustificando e motivando tecnicamente la scelta».

Doccia fredda -ma forse non inaspettata per i casari andriesi- per il duro commento del Presidente della Coldiretti Puglia, Gianni Cantele, alla notizia della iscrizione nell'elenco delle IGP alla 'Burrata di Andria', secondo il quale «non contiene alcuna chiara prescrizione circa l'origine del latte da utilizzare».
«Dalle frontiere italiane passano – sottolinea la Coldiretti – ogni giorno 24 milioni di litri di "latte equivalente" tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all'insaputa dei consumatori».

«C'è una grave e sostanziale contraddizione – aggiunge il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti – oltre ad un evidente tentativo di rendere appetibile a livello commerciale un prodotto fatto con latte estero. Il disciplinare caratterizza solo la qualità del prodotto (% di grasso, di proteine, carica batterica, ecc…) che potrebbe, quindi, provenire da qualsiasi parte del mondo. E' inaccettabile che una filiera produttiva così importante e riconosciuta non voglia cogliere la grande opportunità data dall'etichettatura obbligatoria che di fatto è un grande successo per tutto il mondo agricolo e per gli allevatori che versano in una grave situazione per colpa del prezzo del latte troppo basso e delle importazioni di latte e prodotti semilavorati dall'estero, utilizzati per fare mozzarelle e formaggi spacciati per 'Made in Puglia'. L'etichettatura obbligatoria deve diventare una infallibile cintura di sicurezza per i nostri allevatori che devono poter competere alla pari e per la salute dei nostri consumatori debbono poter scegliere in maniera consapevole quello che acquistano e mangiano».

Ben 80mila mucche da latte presenti in Puglia possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, formaggi e yogurt – sottolinea la Coldiretti Puglia – che è garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore, grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d'Europa, ma anche ai primati conquistati a livello nazionale e comunitario con 2 DOP (canestrato pugliese e mozzarella di bufala) e 17 formaggi riconosciuti tradizionali dal MIPAAF (burrata, cacio, caciocavallo, caciocavallo podolico dauno, cacioricotta, cacioricotta caprino orsarese, caprino, giuncata, manteca, mozzarella o fior di latte, pallone di Gravina, pecorino, pecorino di Maglie, pecorino foggiano, scamorza, scamorza di pecora, vaccino).
In Puglia a fronte dei 1.939 allevamenti che producono 3,6 milioni di quintali di latte bovino, le importazioni di latte dall'estero raggiungono i 2,7 milioni di quintali e i 35mila quintali di prodotti semi-lavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro, utilizzati per fare prodotti lattiero-caseari che vengono, poi, venduti come prodotti lattiero-caseari "Made in Puglia".
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