A tavola con pap
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Religioni

A tavola con papà

Riflessione di don Ettore Lestingi, presidente della Commissione Liturgica diocesana

Carissimo Giuseppe,
oggi è la tua festa ed è la festa di quanti come te hanno provato l'ebbrezza di quel dolce balbettio che, se grammaticalmente è insignificante, sostanzialmente è trasformante la natura stessa dell'uomo tanto da essere motivo di una festa universale: papà, una nuova e stupenda identità offerta gratuitamente e largamente a quanti vivono l'amore sempre aperto alla vita.

Leggendo i Vangeli che non sono cronaca di eventi anche da te vissuti, ma narrazione di una relazione che ha segnato la storia dell'umanità, ti contemplo mentre, da buon e raffinato artigiano, stai mettendo a punto le ultime battute del tuo progetto di amore con Maria, tua promessa sposa e nella tua bottega, magari di notte, stai preparando gli arredi per la tua nuova dimora. Ti contemplo mentre, sorpreso dall'iniziativa di Dio, trascorri notti insonni per decidere cosa fare di Maria, incinta per opera dello Spirito Santo e non per un tuo atto d'amore… E sono stupito dal fatto che, mettendo in secondo piano il tuo io, hai offerto anche tu, come Maria il tuo "eccomi" a Dio. Quell'eccomi che ti ha portato lontano, molto lontano, non solo dalla casa di tuo padre, ma soprattutto da te e dai tuoi sogni. Betlemme, dove hai riscaldato con le tue braccia le fragili carni di quel Bimbo, nato al freddo dell'indifferenza… L'Egitto, dove sei fuggito per sottrarre quel Bimbo alla volontà omicida di Erode. Gerusalemme dove, compiuti dodici anni, hai iniziato il tuo Ragazzo alla vita religiosa portandolo nel Tempio… Poi di nuovo Nazaret dove nella quotidianità della vita crescevi tuo figlio in età, grazia e sapienza davanti a Dio e agli uomini.

In quella bottega, vera scuola di vita, quanti insegnamenti, quanti segreti e soprattutto quanta fede in quel Dio Padre che pian piano rivelerai all'adolescente Gesù come suo vero Padre… E mentre lo vedevi crescere, sognavi per lui anche quando il lavoro ti teneva sveglio di notte soprattutto quando giungeva il tempo di costruire croci per condannati a morte. Quante croci avrai piallato, Giuseppe, forse anche quella sulla quale sarebbe salito il tuo Figlio. A saperlo l'avresti piallata così tanto bene da renderla dolce e accogliente come un talamo. Scene di vita quotidiana. Certamente anche richiami e, perché no, qualche ceffone, però non violento e oltraggioso come quello del soldato nel Getsemani, ma con la dolcezza della correzione paterna. Ti ho sempre pensato in tante situazioni. Mai avrei immaginato di vederti a tavola con la tua famiglia a consumare la cena al tramonto di una giornata di lavoro.

Ed ecco che un giorno scopro un Dipinto "insolito" del 1700 dal titolo: La Santa Famiglia a tavola, conservato nell'Episcopio della Diocesi di Milano. Una scena molto famigliare… Una cena calda perché consumata al calore di cuori amanti: il tuo cuore amante, Giuseppe, verso la tua sposa Maria, il cuore amante di Maria verso te, Giuseppe, il suo sposo di sempre, il cuore di Genitori amanti verso quel Figlio non figlio, al centro della scena come al centro della vostra vita. Ciò che sorprende è il tuo atteggiamento, Giuseppe, che insegni a Gesù a bere vino, porgendogli e reggendogli il calice… Cosa insolita anche perché nel dipinto Gesù potrebbe avere non più di cinque anni. Oltre alla premura del gesto, mi piace sottolinearne la portata educativa e profetica: fin da piccolo Gesù impara, grazie a te, Giuseppe, a bere a piccoli sorsi a quel calice che più che essere colmo di vino è traboccante della volontà di Dio. Quel calice, profezia di quella Cena nella quale Egli lo distribuirà ai suoi pieno di quell'amore offerto fino all'effusione del sangue. Quel calice che gli sarà presentato nel Getsemani, in tutta la sua drammaticità e che Lui pur sudando sangue, accetterà e questa volta bevendolo tutto d'un sorso. Gesto educativo e profetico.

Il tutto consumato sotto lo sguardo materno e quasi compiaciuto di Maria che custodirà gelosamente nel suo cuore conservandone la memoria per i giorni in cui anche a lei una spada trafiggerà l'anima, unita a Cristo nello stresso dolore, perché ardente dello stesso amore. Non per niente il colore della veste di Maria è uguale alla tunica di Gesù. Tertulliano direbbe: "La carne di Cristo è la stessa carne di Maria". Sullo sfondo un angelo in atteggiamento di preghiera e di protezione, anche lui alla tua scuola, Giuseppe che fin da ora gli insegni come dovrà consolare il tuo amato figlio nell'ora dell'abbandono… Anche perché tu, Giuseppe, non ci sarai. Oggi è la tua festa, Giuseppe e di quanti come te hanno provato l'ebbrezza di quel dolce balbettio che, se grammaticalmente è insignificante, sostanzialmente è trasformante la natura stessa dell'uomo: papà.

Così ho iniziato questa riflessione e così la concludo rivolgendomi direttamente a te, papà, che hai avuto il dono della paternità perché tu possa viverlo come Giuseppe: nella premura dolce e severa verso tuo figlio, sempre pronto a far cogliere il senso profondo di tutte le cose, non astenendoti mai dalla correzione paterna, nel discernimento continuo della volontà di Dio che non opprime mai la libertà personale, volontà che pian piano si rivela lungo la strada della vita e che va assaporata a piccoli sorsi. E magari stai un pò più di tempo a tavola con i tuoi!

Buona festa, papà!
  • don Ettore Lestingi
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