L'appuntato Riccardo Casamassima all'auditorium
L'appuntato Riccardo Casamassima all'auditorium "Mons. Di Donna"
Attualità

Un uomo che ha scelto la verità: l'appuntato Riccardo Casamassima ospite all'auditorium "Mons. Di Donna"

Testimone chiave nella riapertura del famoso caso Cucchi, il Carabiniere andriese è stato ospite dell'Associazione Soc. Cult. ideAzione

I testimoni della verità sono spesso considerate persone scomode da chi invece sceglie la via della viltà e della menzogna. Lo sa bene, purtroppo, l'appuntato dell'Arma dei Carabinieri Riccardo Casamassima, balzato alle cronache recenti per aver offerto la sua testimonianza in merito al famosissimo caso di Stefano Cucchi, deceduto nel 2009 dopo essere stato pesantemente picchiato da alcuni militari, e facendo dunque riaprire il caso. L'appuntato andriese è stato ospite dell'Associazione Soc. Cult. ideAzione offrendo la sua testimonianza nel corso di un incontro tenutosi ieri sera nell'auditorium "Mons. Giuseppe Di Donna" presso la chiesa del SS. Sacramento.

Ma com'è nato quello che viene considerato uno dei più noti casi di cronaca nera italiana? Il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi viene fermato dai Carabinieri perchè in possesso di 12 confezioni di hashish e tre confezioni di cocaina. Per lui fu decisa la custodia cautelare e il giorno dopo fu processato con diritto direttissimo. Durante il processo, però, il ragazzo mostrava diversi ematomi agli occhi e difficoltà nel parlare e camminare, ma non rivelò di essere stato picchiato. Dopo il processo, il giudice stabilì che Cucchi rimanesse in custodia cautelare nel carcere di Regina Coeli in attesa dell'udienza che si sarebbe dovuta tenere il mese successivo, a novembre 2009. Nei giorni successivi le condizioni di Cucchi peggiorarono e il ragazzo venne trasferito presso l'ospedale Fatebenefratelli, dove gli furono refertate lesioni alle gambe e al viso con alcune fratture alle vertebre. Le sue condizioni vertevano sempre più al peggioramento fino a portarlo alla morte il 22 ottobre all'ospedale "Sandro Pertini". Secondo le indagini preliminari, le cause di morte sarebbero da imputare alla mancata assistenza medica a fronte di ipoglicemia e traumi diffusi. Sempre stando alle indagini, gli Agenti di Polizia Penitenziaria avrebbero picchiato il giovane Stefano Cucchi con calci e pugni nella cella di sicurezza del tribunale di Roma, prima dell'udienza della convalida di arresto. Sono stati successivamente indagati tre medici del reparto di medicina protetta dell'ospedale "Sandro Pertini", e difatti una commissione parlamentare d'inchiesta ha concluso che il ragazzo è morto per abbandono terapeutico. Nel giugno 2013 furono condannati in primo grado quattro medici dell'ospedale "Sandro Pertini" per omicidio colposo e falso ideologico. Il 31 ottobre 2014, con sentenza della Corte di Appello di Roma, furono assolti tutti gli imputati. Il 18 luglio 2016 terminò il secondo processo di appello disposto dalla Cassazione, e anche in questo frangente furono tutti assolti perchè il fatto non sussisteva. Nel settembre 2015, su richiesta dei familiari di Stefano Cucchi, la Procura della Repubblica ha riaperto il fascicolo d'indagine, ed è in questa occasione che Riccardo Casamassima decide di confessare quanto accaduto sette anni prima, facendo aprire una seconda inchiesta con relativo processo (ancora in corso di svolgimento) durante il quale accusò i suoi colleghi di pestaggio nei confronti di Cucchi. Il 17 gennaio 2017, alla conclusione delle indagini preliminari, viene richiesto il rinvio a giudizio per omicidio preterintenzionale e abuso di autorità nei confronti dei cinque Carabinieri che picchiarono il ragazzo. Il 24 febbraio 2017 gli stessi sono stati sospesi dal servizio. L'11 ottobre 2018 il processo subisce un'importante svolta: nel corso dell'udienza, il PM Giovanni Musarò ha rivelato che il 20 giugno 2018 il Carabiniere Francesco Tedesco aveva presentato denunce in Procura sul pestaggio di Cucchi e nella sua deposizione ha anche rivelato l'esistenza di una nota scritta da lui stesso in cui spiegava cosa era successo a Stefano Cucchi. Questa nota sarebbe stata inviata alla Stazione Appia e sarebbe stata fatta sparire.

La scelta coraggiosa di denunciare vili atti di pestaggio dei suoi colleghi rende onore a un uomo che ha scelto di stare dalla parte dell'onestà e della verità, ma sono in molti ad avergli voltato le spalle: Riccardo Casamassima ha persino subito diverse minacce, oltre a un trasferimento e demansionamento con annesso taglio di stipendio che ha danneggiato la sua famiglia. Andriese di origine e trasferitosi a Roma per lavoro, l'appuntato si racconta e ribadisce con forza che non ci sta a questo genere di azioni contrarie alla verità: «Mi sono arruolato nell'Arma dei Carabinieri a 18 anni e ho scelto di intraprendere la carriera militare perchè credo in un'istituzione che la gente deve considerare come punto di riferimento. In merito al caso di Stefano Cucchi, ancora non si comprendono le motivazioni di queste azioni brutali nei confronti del ragazzo: è inaccettabile perchè chi viene messo nelle mani dello Stato deve avere tutte le condizioni per poter tornare sano a casa. La mia scelta di testimoniare è nata nel momento in cui sono state condannate persone innocenti: questa testimonianza sarebbe stata fondamentale per quella verità che la famiglia di Stefano Cucchi stava cercando. La famiglia ha bisogno della vicinanza di tutti in questo momento. La mia scelta è stata molto combattuta e non priva di conseguenze: dopo la mia deposizione in aula, infatti, sono stato costretto a un trasferimento "punitivo" subendo un demansionamento. Mi auguro comunque di poter continuare a fare il mio lavoro, quello che mi piace».

Al termine della testimonianza, la visione del film "Sulla mia pelle" 2018, che racconta gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi.
  • Associazione IdeAzione
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