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Sindacato Autonomo Polizia, Giordano: "Le Forze dell'Ordine non sono il capro espiatorio"

La preparazione delle Forze di polizia in merito alle polemiche sorte a latere della drammatica vicenda di Giulia Cecchettin

Nella drammatica vicenda di Giulia Cecchettin si è parlato del mancato intervento dei Carabinieri, in quando un testimone li avrebbe chiamati per avvertire dell'aggressione di Filippo Turetta, avvenuta la sera dell'11 novembre, nei confronti della sventurata ragazza veneta. I mezzi dell'Arma non sarebbero intervenuti in quanto impegnati altrove. Sul fatto è intervenuto il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi che ha assicurato "Approfondimenti e chiarezza, con le dovute verifiche del caso". Oggi ospitiamo l'intervento del Segretario provinciale Bat del Sindacato autonomo di Polizia, Vito Giordano.

«In questo particolare storico momento è agevole cavalcare l'onda della critica verso tutti. Con questo comunicato non è mia intenzione emettere alcun pensiero sulla questione "femminicidio". Lo fanno già in tanti, dal mondo politico, a quello giudiziario, per terminare in quello pubblico, ampliamente descritto da personaggi noti e meno noti, oltre a tutti coloro che utilizzano le piattaforme social. Le innumerevoli spiegazioni contemplano responsabilità della famiglia, del mondo della scuola, si permettono anche di soffermarsi su spiegazioni di trattati, di convenzioni. Fino qui nulla da eccepire. Ma quando si cerca di trovare il capro espiatorio, ad una questione che vede annualmente morire decine e decine di donne, nella mancata formazione delle Forze dell'Ordine: beh! allora, credo che nasca l'obbligo di effettuare dei chiarimenti. Mi chiedo se queste persone, prima di esprimere pensieri su questo tema, si siano informate sulla preparazione degli operatori delle Forze dell'Ordine. Il poliziotto, come il Carabiniere, quanto il Finanziere, o il "Penitenziario", prima di iniziare la loro carriera e mettersi al servizio di tutta la comunità, frequenta dei corsi di formazione con studi simili a quelli universitari. La formazione degli operatori delle Forze dell'Ordine -prosegue Giordano- non termina una volta immessi "sulla strada", ma continua con cicli di aggiornamento effettuati con studi su argomenti specifici, come lo studio di nuove Leggi, e con applicazioni che avvengono periodicamente in palestre e altri luoghi, dove sono affinate le tecniche nell'uso dell'arma, le tecniche operative di ingaggio in caso di servizio di ordine pubblico, la guida sicura, ed altro ancora».

«Oggi è facile attribuire che quanto è accaduto, sia colpa "dello Stato". Se l'esempio che viene messaggiato, oggi ancor più facilmente con le piattaforme social, perfino da alcuni politici, i quali relativamente al superamento di un divieto impartito dalle forze dell'ordine, quest'atto viene sminuito in una giusta azione di "disobbedienza civile", diventa semplice scaricare ad altri quelle responsabilità, che invero ricadono su altri fattori. Prima di esprimere un pensiero, credo che la formazione debbano farla proprio quelle categorie di tuttologi che, avrebbero fatto più bella figura se avessero avuto la compiacenza di ascoltare chi ne sa più di loro sul tema. Si sarebbero resi conto che un operatore di polizia preposto alla ricezione delle chiamate di emergenza, ha un'ampia preparazione che gli consente di comprendere se, dietro una richiesta di "aiuto", non vi sia un messaggio che tenda a sguarnire il territorio dalla presenza di una pattuglia, lasciando campo libero ai "criminali". Se ci fossero più uomini delle Forze dell'Ordine sul territorio sarebbe semplice inviare una volante per riscontrare la veridicità di una chiamata telefonica di aiuto. Purtroppo la realtà è ben altra! Con questo, e chiudo, il vero appello che voglio inviare a chi leggerà questo comunicato stampa, è quello di continuare ad avere fiducia nelle Forze dell'Ordine, di rivolgersi a loro "denunciando" direttamente, negli uffici competenti della Questura, come dei Comandi dei Carabinieri o della Guardia di Finanza, quello che sta capitando loro, perché gli strumenti per redimere gli atti di sopruso ce ne sono, e tanti. La prima parte la deve fare la "presunta" vittima, la quale deve avere il coraggio di non mantenersi nell'anonimato ma di fare nome e cognome della persona che le ha mancato di RISPETTO. I Poliziotti la loro parte la fanno e la faranno sempre», conclude la nota di Vito Giordano del SAP Bat.
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