La Regione prende
La Regione prende "in carico" il progetto diocesano "Senza Sbarre"
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La Regione prende "in carico" il progetto diocesano "Senza Sbarre"

Oggi in commissione criminalità si è parlato della rieducazione del condannato attraverso questa esperienza educativa

La rieducazione del condannato attraverso esperienze educative, che pongono al centro l'essere umano e non l'aspetto punitivo della pena, come possibilità di reintegrazione nella società. Questo il tema che è stato approfondito durante l'odierna seduta della Commissione regionale di studio e d'inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata in Puglia, presieduta da Luigi Caroli, a cui hanno parteciperanno il magistrato Giannicola Sinisi, don Riccardo Agresti ed il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà Pietro Rossi.

A testimonianza di un'opera diocesana di rieducazione sociale è intervenuto il magistrato Giannicola Sinisi, in qualità di volontario e con un'esperienza già di sei anni, del progetto "Senza Sbarre", di reinserimento di detenuti ed ex detenuti nelle carceri pugliesi e italiane, ammessi a programmi alternativi alla detenzione, all'interno di un progetto di rieducazione e inclusione sociale, attraverso l'accoglienza residenziale e semi-residenziale. Questo progetto è nato nel 2018 grazie alla Diocesi di Andria e del suo parroco, don Riccardo Agresti, nella masseria San Vittore, della stessa proprietà della diocesi, che è stata restaurata e riadattata a laboratorio agricolo e artigianale grazie al finanziamento di 200 mila euro da parte della Caritas Italiana nel 2017 provenienti dai fondi dell'8xmille.

Il dott. Sinisi ha posto delle domande su cui è opportuno fare delle riflessioni, soprattutto quando ci si chiede su come il carcere dovrebbe essere inteso oggi, visto che ormai i tempi sono maturi per una discussione seria, in considerazione delle condizioni di sovraffollamento esistenti. Ed inoltre, ci si chiede se un luogo di segregazione sociale può mai diventare un luogo di reinserimento sociale. È chiaro che sono contraddizioni logiche che impongono una riflessione seria. Ed è per questo che bisogna trovare un luogo di incontro, che certamente non potrà essere il carcere. E poi ci sono anche le famiglie dei detenuti, a cui bisogna anche pensare ed il carcere non può essere il luogo della riconciliazione. Ecco perché bisogna sforzarsi di capire se c'è un'alternativa al carcere e questa è possibile ed esiste ed è la Masseria San Vittore di Andria, dove sono stati ospitati 150 detenuti e sono state svolte oltre 20 mila giornate di accoglienza, realizzate con i proventi del lavoro effettuato in sede. Bisogna quindi interrogarsi su cosa fare nei confronti di chi ha sbagliato e realizzare spazi che siano un'autentica alternativa al carcere che aiuta a rimettere in carreggiata la loro vita.

Si tratta di una realtà dove è possibile conoscere un nuovo mondo che consente agli uomini di avere una seconda possibilità per tracciare una nuova strada nella propria vita.
Ritrovare, quindi, il senso profondo della vita in chi ha perso la speranza, attraverso il senso profondo del lavoro e della comunità.
Don Riccardo Agresti si è detto felice di entrare finalmente nelle sedi istituzionali con cui è opportuno dialogare per mettere in atto una realtà che è ormai abbastanza chiara e consolidata. Esiste una misura alternativa al carcere – ha evidenziato don Riccardo - con uno specifico che rivoluziona ciò che noi non vediamo, secondo cui la via più facile sembra spesso essere quella di punire e invece è la privazione della libertà. Il progetto "Senza sbarre" è stato illustrato da don Riccardo, ricordando a tutti che nasce all'interno di un territorio di Andria con Sinisi sindaco di Andria, il cui fine era di entrare all'interno dei ragazzi per comprendere le cause. Non si può parlare più di progetto sperimentale, ci sono i fattori di riscatto, di ricostituzione e di riconciliazione per far rientrare i ragazzi all'interno della società. C'è una sinergia con le istituzioni sul territorio, ma soprattutto di giustizia. Il progetto da sostenere è secondo don Riccardo quello della società cooperativa sociale denominata "A mano libera", dove i detenuti e ex detenuti sono impiegati nella produzione di pasta fresca e taralli, autosostenendosi e senza pagare nessuna retta, con la produzione di circa 8000 chili di taralli al mese. Il ricavato dalla vendita dei taralli, la cui commercializzazione ora avviene in maniera autonoma dalle stessa Cooperativa, viene reinvestito per dare possibilità ad altre persone di riscattarsi e tracciare una nuova strada, oltre le sbarre. "Tutto ruota intorno ad un solo progetto che è l'uomo, a cui cerchiamo di togliere la rabbia – ha concluso don Riccardo – chiedendo, inoltre il supporto delle istituzioni affinchè si possa sviluppare il sogno che chi viene a lavorare con noi possa percepire uno stipendio pieno".
A totale conferma dell'importanza del progetto sostenuto da don Riccardo Agresti e dal dott. Sinisi, è intervenuto il Garante regionale dei detenuti Pietro Rossi, secondo cui è un'esperienza che allarga il cuore, con l'auspicio che queste esperienze si possano moltiplicare nel tempo. Il Garante regionale ha promosso l'approvazione di un ordine del giorno da parte del Consiglio regionale, affinchè ci sia un impegno ad assumere iniziative che vadano nella direzione di migliorare le condizioni sociali dei detenuti.

Assumendosi l'impegno di sostenete progetti di tale importanza, sono intervenuti i consiglieri Sergio Clemente, Renato Perrini e Ruggiero Mennea. Quest'ultimo, anche in funzione di consigliere delegato al welfare, si è detto pronto a prevedere nell'ambito del Piano triennale delle politiche sociali, forme di sostegno per l'avvio di realtà progettuali in forma di cooperazione sociale.
In conclusione dei lavori, il presidente Caroli si è fatto carico di visitare la sede operativa in cui si svolge questo tipo di esperienza rieducativa, tale da essere attenzionata al fine di poterla esportare in altri territori pugliesi.
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