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La guerra Ucraina spinge in alto i prezzi di olio di semi, burro e pasta, mentre cala del 15% il prezzo dell’olio extravergine di oliva

Purtroppo è sempre più reale il rischio di gravi carestie e di fame nei paesi poveri

Il balzo delle quotazioni delle materie prime alimentari a livello mondiale che sono aumentate del 22,8% nell'ultimo anno causa gravi carestie e fame nei paesi poveri e inflazione e aumento dell'indigenza alimentare in quelli ricchi, con il carello della spesa che si fa sempre più pesante con i prezzi dei beni di prima necessità ancora in salita. E' quanto afferma la Coldiretti Puglia, sulla base dell'Osservatorio prezzi del Mise che segnala ulteriori aumenti ad aprile risetto al mese precedente.
A Bari il burro ha raggiunto prezzi stellari con +139% risetto al mese precedente – segnala Coldiretti Puglia – la pasta +21%, l'olio di semi +51%, la passata di pomodoro +42%, la farina di frumento +7% e la mozzarella fior di latte +4%, mentre l'olio extravergine di oliva segna una diminuzione del prezzo del 15%.
A tirare la volata – sottolinea la Coldiretti – sono i prezzi internazionali dei cereali cresciuti del 29,7% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, mentre i lattiero caseari salgono del 16,9%, lo zucchero aumenta di oltre il 12,6%, la carne del 13,6% ed i grassi vegetali sono balzati addirittura del 31% rispetto all'anno scorso anche per il crollo delle spedizioni di semi di girasole dall'Ucraina che è un grande Paese esportatore e per la decisione dell'Indonesia di sospendere le esportazioni di olio di palma, di cui il Paese e il primo produttore mondiale.
Se l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari durerà fino al 2024 come previsto da S&P Global Ratings nel rapporto 'The Global Food Shock Will Last Years, Not Months' le persone colpite da grave insicurezza alimentare nel mondo sono destinate a salire oltre i 200 milioni. A rischiare di più – continua la Coldiretti – sono 53 Paesi dove la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l'alimentazione e risentono quindi in maniera devastante dall'aumento dei prezzi. Per effetto degli aumenti i prezzi di mais e del grano si collocano infatti sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto.
La guerra coinvolge infatti gli scambi di oltre ¼ del grano mondiale con l'Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l'alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate), secondo l'analisi della Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga.
Una situazione che ha alimentato l'interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che – spiega la Coldiretti – si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l'oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall'andamento reale della domanda e dell'offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati "future" uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori.
L'emergenza – rileva la Coldiretti – sta innescando un nuovo cortocircuito sul fronte delle materie prime anche nel settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l'Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all'atteso piano proteine nazionale per l'alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri.
L'Italia negli ultimi 25 anni ha perso ¼ della propria superficie coltivabile per colpa dell'insufficiente riconoscimento economico del lavoro in agricoltura. Il risultato è che l'Italia è obbligata ad importare il 62% del grano per il pane, il 35% di quello necessario per la pasta, ma anche il 46% del mais e il 73% della soia, fondamentali per l'alimentazione degli animali, secondo l'analisi del Centro Studi Divulga.
Per Coldiretti occorre salvare aziende e stalle da una insostenibile crisi finanziaria per poi investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l'invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all'abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l'innovazione tecnologica e le Nbt a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici.
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