Xylella nella Bat, distrutte le 7500 piante infette nel vivaio di Canosa di Puglia
Xylella nella Bat, distrutte le 7500 piante infette nel vivaio di Canosa di Puglia
Territorio

Xylella nella Bat, distrutte le 7500 piante infette nel vivaio di Canosa di Puglia

Ma altri 162 ulivi malati sono tra Brindisi e Taranto oltre ad uno a Monopoli

Procedono incessanti le attività di eradicazione e distruzione delle piante Dodonaea viscosa purpurea risultate infette da Xylella fastidiosa nel centro produttivo di Canosa nella provincia della BAT, mentre è stata conclamata la presenza della malattia in altri 162 ulivi, di cui 1 a Monopoli e 161 nelle province di Brindisi e Taranto. A darne notizia è Coldiretti Puglia, nel giorno in cui sarà completata l'attività di distruzione delle 7.500 piante specificate alla Xylella fastidiosa pauca nel raggio di 50 metri attorno ai lotti di Dodonea viscosa purpurea.

"Dopo il campionamento degli 8 pool di Dodonea, il Servizio Fitosanitario regionale sta procedendo alla distruzione del materiale vegetale, dopo il campionamento e le analisi in tutta l'area buffer e la distruzione delle piante del lotto individuato", afferma Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia che esprime preoccupazione per "il ritrovamento di altri 162 ulivi infetti tra Monopoli, Brindisi e Taranto, un segnale grave che impone una strategia altrettanto incisiva per salvare la Piana degli Ulivi Monumentali e la Valle d'Itria", insiste Muraglia.
Le 162 piante infette sono 160 ulivi, 1 mandorlo e 1 oleandro, di cui 1 ulivo a Monopoli – segnala Coldiretti Puglia – 86 ulivi a Brindisi e 75 a Taranto, con una virata verso la Basilicata sempre più preoccupante con 31 ulivi infetti a Montemesola, 23 a Monteiasi, 18 a Taranto, oltre a un nuovo positivo a Grottaglie e, per la prima volta, a San Giorgio Jonico e Faggiano e uno scenario molto grave a Cisternino.

"I risultati dello studio condotto dagli enti di ricerca Università di Torino e di Brescia, il CRSFA di Locorotondo e l'IPSP del CNR di Bari e Torino impongono una seria riflessione circa il nuovo regolamento comunitario approvato il 14 agosto scorso che ha ridotto a 50 metri, dai 100 metri inizialmente previsti, l'area buffer soggetta a taglio obbligatorio intorno alle piante infette per sottrarle all'azione di diffusione degli insetti vettori, come la cicalina sputacchina. Se la sputacchina cammina fino a 400 metri in una stagione, l'area buffer di 50 metri risulta decisamente insufficiente a contenere il rischio contagio", aggiunge Muraglia.
Lo studio è basato su 7 esperimenti realizzati nel corso di due anni, di cui 3 in prato in Piemonte e 4 in oliveto in Puglia, consistiti nella cattura di migliaia di sputacchine, seguita dalla loro marcatura con una proteina, l'albumina (indispensabile per la loro successiva identificazione), il rilascio e successive prove di ricattura a distanze predeterminate dai punti di rilascio. La distanza media percorsa in un giorno dal punto di rilascio è risultata di 26 metri nell'oliveto e di 35 metri su prato, mentre nei due mesi di maggiore abbondanza della popolazione il 50% delle sputacchine rimane entro 200 metri dal punto iniziale, ma la percentuale sale al 98% entro i 400 metri.

"Uno scenario 'senza difesa', soprattutto nell'attuale contesto pugliese dove è determinante l'attività di contenimento della malattia, è inimmaginabile. Lotta al vettore anche finanziata, monitoraggi e campionamenti sono attività cruciali - aggiunge Muraglia - considerato che non esiste ancora una cura per la batteriosi, per l'individuazione dei focolai nei primissimi stadi della infezione su piante sensibili e la successiva rimozione secondo legge, così come il controllo della presenza di potenziali vettori contaminati, restano l'unica soluzione per ridurre la velocità di avanzamento della infezione. L'efficacia e sistematicità è garanzia per le aree indenni della Puglia e delle regioni limitrofe e non va messo in alcun modo in discussione, anzi il sistema dei monitoraggi e campionamenti va potenziato, perché la lotta all'insetto vettore è stata trascurata e monitoraggi e campionamenti degli ulivi ancora oggi si basano principalmente su analisi visiva di piante troppo spesso asintomatiche", insiste il presidente Muraglia.

La vastità del problema, la rilevanza economica della coltura per l'intero territorio regionale e le prescrizioni della normativa fitosanitaria comunitaria e nazionale in caso di ritrovamento di patogeni da quarantena – aggiunge Coldiretti Puglia - impongono scelte e provvedimenti urgenti, anche in considerazione della diffusione della malattia che, dopo aver causato il disseccamento degli ulivi leccesi ha intaccato il patrimonio olivicolo di Brindisi e Taranto, arrivando sino alla provincia di Bari, con effetti disastrosi sull'ambiente, sull'economia e sull'occupazione.
La Xylella è certamente la peggior fitopatia che l'Italia potesse conoscere – conclude Coldiretti Puglia – che ha già colpito il 40% della regione, con un danno al patrimonio olivetato che ha superato 1,6 miliardi di euro.
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