
Cronaca
Morte Paola Clemente: chiuse indagini con sei indagati
Adesso 20 giorni per presentare difese al sostituto procuratore Alessandro Donato Pesce
Andria - sabato 23 settembre 2017
Si chiude con 6 indagati l'inchiesta sul caporalato scaturita dalla morte di Paola Clemente, la 49enne di San Giorgio Jonico (Taranto) deceduta il 13 luglio 2015 mentre lavorava in un vigneto di Andria.
A stroncarla fu un infarto. Le conclusioni dell'autopsia ravvisarono che la donna soffriva di ipertensione ed aveva "familiarità alla cardiopatia ischemica". La sua morte non è stata ritenuta diretta conseguenza degli illeciti che avrebbero comunque commesso a vario titolo i 6 indagati nel reclutare e gestire numerosi braccianti occupati nei campi della provincia Bat.
Cinque indagati rispondono di concorso in truffa aggravata e continuata nonché di concorso aggravato e continuato in intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Si tratta di: Pietro Bello, direttore della divisione agricoltura dell'agenzia Info Group di Noicattaro; Oronzo Catacchio e Gianpietro Marinaro, gestori dell'agenzia di lavoro; Ciro Grassi, titolare della ditta che trasportava i braccianti nei campi; e di sua cognata Giovanna Marinaro, che, insieme a Grassi, "sarebbe stata capace di mobilitare centinaia di braccianti".
Una sesta persona, Maria Lucia Marinaro (moglie di Grassi), è accusata solo di truffa. I braccianti sarebbero stati sfruttati ed intimiditi prospettandogli di "non esser più reclutati in caso di ribellione e non accettazione delle condizioni di sfruttamento". In molti casi la paga sarebbe stata ben inferiore a quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Si sarebbe, dunque, approfittato del loro stato di bisogno o di necessità.
Illeciti sarebbero stati commessi anche nei documenti relativi alle posizioni lavorative. Gli indagati hanno venti giorni per presentare difese al sostituto procuratore della Repubblica di Trani, Alessandro Donato Pesce.
A stroncarla fu un infarto. Le conclusioni dell'autopsia ravvisarono che la donna soffriva di ipertensione ed aveva "familiarità alla cardiopatia ischemica". La sua morte non è stata ritenuta diretta conseguenza degli illeciti che avrebbero comunque commesso a vario titolo i 6 indagati nel reclutare e gestire numerosi braccianti occupati nei campi della provincia Bat.
Cinque indagati rispondono di concorso in truffa aggravata e continuata nonché di concorso aggravato e continuato in intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Si tratta di: Pietro Bello, direttore della divisione agricoltura dell'agenzia Info Group di Noicattaro; Oronzo Catacchio e Gianpietro Marinaro, gestori dell'agenzia di lavoro; Ciro Grassi, titolare della ditta che trasportava i braccianti nei campi; e di sua cognata Giovanna Marinaro, che, insieme a Grassi, "sarebbe stata capace di mobilitare centinaia di braccianti".
Una sesta persona, Maria Lucia Marinaro (moglie di Grassi), è accusata solo di truffa. I braccianti sarebbero stati sfruttati ed intimiditi prospettandogli di "non esser più reclutati in caso di ribellione e non accettazione delle condizioni di sfruttamento". In molti casi la paga sarebbe stata ben inferiore a quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Si sarebbe, dunque, approfittato del loro stato di bisogno o di necessità.
Illeciti sarebbero stati commessi anche nei documenti relativi alle posizioni lavorative. Gli indagati hanno venti giorni per presentare difese al sostituto procuratore della Repubblica di Trani, Alessandro Donato Pesce.


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