Andria vista dalle Fornaci, primo Novecento. Foto dal sito Andriarte
Andria vista dalle Fornaci, primo Novecento. Foto dal sito Andriarte
Vita di città

Le fornaci di Andria centro di produzione ceramica: una nuova ricerca storica di Sabino Di Tommaso

Divulgatore della storia locale, l'insegnante andriese ha pubblicato sul sito Andriarte uno studio interessante sulle storiche fornaci della città

Uno dei quartieri più antichi della città di Andria, il "Borgo Fornaci", anticamente era un centro di produzione di ceramiche e manufatti in terracotta. A documentarlo è una ricerca pubblicata dall'insegnante andriese Sabino Di Tommaso sul sito Andriarte, di cui è curatore e responsabile. Profondo conoscitore e appassionato divulgatore della cultura locale, Di Tommaso offre alla cittadinanza andriese uno studio ben documentato sulle storiche Fornaci in una veste conosciuta, forse, a pochi: queste costruzioni murarie non erano finalizzate semplicemente alla cottura di materiali da costruzione quali calcare, argilla e gesso, ma erano un vero e proprio centro di produzione ceramica, vasellami sia di uso quotidiano che ornamentali; abili artigiani vasai hanno abitato il "Borgo Fornaci" fino agli anni Sessanta del secolo scorso.

Gli abitanti del luogo utilizzavano le grotte come laboratorio di vasellami, deposito di argilla, asciugatura dei semilavorati, decoro e smaltatura, ed infine fornace di cottura del prodotto finito; la parte superiore delle grotte era invece riservata all'abitazione. Tutte le fornaci erano inoltre dotate di un pozzo: la riserva d'acqua risultava molto importante per la lavorazione dei manufatti d'argilla. Parliamo, in questo caso, della zona in cui sorge la chiesetta di San Lorenzo (oggi in un pauroso e vergognoso stato di abbandono) e dell'omonimo pendio che costeggiava le case costruite a ridosso dei resti delle antiche mura di Andria. Non a caso, la chiesetta è stata intitolata al martire Lorenzo, condannato (ma non vi è certezza) dall'imperatore Valeriano a morire bruciato su una graticola e considerato, dunque, protettore di chi opera col fuoco: pompieri, fornaciai come cuochi, figuli e vetrai. Riccardo D'Urso, autore dell'opera "Storia della città di Andria", così descrive la zona in questione: "Già il suo aspetto interno palesa a prima fronte il volume de' secoli, ... nel basso di S. Lorenzo in continuazione della contrada delle Grotte, luogo, dove il piano si avvalla, molto favorito dal mezzogiorno. Siti per lo più erano questi tanto prescelti dagli antichi per le fabbriche e per andar difesi dal rigore del freddo, e dalla furia de' venti. Ne fanno fede tante reliquie, e rottami di antichi edifizii, che quivi s'incontrano ne' scavi; e segnatamente la moltiplicità de' vasi".

Sono numerose le testimonianze fino al Novecento, riportate da Sabino Di Tommaso nella sua ricerca, che attestano la pregevolezza delle ceramiche andriesi, la cui reputazione si espanse rapidamente nelle città vicine e non solo. La più antica citazione in questo senso risale al Cinquecento: "Quivi ad Andri si fanno bellissimi vasi di terra cotta, quali sono in gran riputatione appresso i vicini popoli, per la loro bellezza. Sono gli Andresi molto traficanti à mercantare, onde ne riportano assai guadagni", scriveva Fra Leandro Alberti da Bologna in "Descrittione di Tutta Italia". Anche Frà Vincenzo Coronelli, in un testo nel 1703, definisce "bellissimi" i vasi andriesi sottolineando altresì le peculiarità della nostra città: "I Cittadini Andriensi son dediti assai alla Mercanzia: il Territorio è fertilissimo d'Olio, Vino, Mandorle, Cedri, e d'ameni Giardini". Documenti significativi sono stati reperiti negli archivi storici dagli studiosi Antonio e Carlo Dell'Aquila: interessante è soprattutto un bando cinquecentesco di Sigismondo Pandolfo IV Malatesta, detto Pandolfaccio, signore delle terre di Rimini, nel quale si proibiva l'importazione nella Signoria di qualsiasi manufatto ceramico che non provenisse da Montefitti, frazione di Sogliano al Rubicone, o dalla Puglia, a testimonianza della notorietà che le ceramiche della nostra città e della regione avevano assunto in buona parte d'Italia.

Nella parte finale della sua ricerca storica, Sabino Di Tommaso riporta alcune immagini di edicole fittili, databili tra il '700 e l'800, ancora presenti sui prospetti di alcune case del centro storico di Andria; le raffigurazioni fanno supporre che la provenienza sia legata proprio alle fornaci della città, trattandosi di figure che richiamano la tradizione religiosa andriese:
- un'edicola della "Pietà", incassata sul prospetto della casa al n. civico 24 di Via Santa Chiara (attualmente imbiancata);
- un'edicola della "Congrega del SS. Sacramento", incassata sul prospetto della casa al n. civico 8, di via Ponte Giulio;
- un'edicola di "S. Riccardo, inserita nel prospetto della casa" al n. civico 7, di largo Casalino (attualmente imbiancata).
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