
Cronaca
"La morte è ingiusta, ma l'ultima parola di Dio è l'amore": l'omelia di don Mimmo Basile alle esequie dei ciclisti di Andria
Il testo dell'omelia al funerale di Sandro, Vincenzo e Antonio alla Chiesa Cattedrale
Andria - venerdì 8 agosto 2025
10.47
«Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!» (Gv 11,33).
Questa invocazione di Maria, sconvolta per la morte di suo fratello Lazzaro, sentiamo di poterla fare nostra. Le sue parole possono essere le nostre parole, il suo grido il nostro grido: «Signore, se tu fossi stato qui…» Stamattina, dinanzi alla morte tragica e prematura di Sandro, Vincenzo e Antonio, percepiamo con forza il non senso della morte, la forza brutale del limite supremo ed estremo che ci allontana dal volto e dalla presenza dei nostri cari. Nella preghiera non possiamo tacere il dolore, ponendo tutto davanti a Dio, anche e soprattutto i nostri dubbi, gli interrogativi senza risposta, i timori. Perché stare davanti a Dio, ce lo insegna la Sacra Scrittura, può essere anche gridare a lui: come Giobbe che protesta la sua innocenza, mentre soffre terribilmente, come il protagonista di tanti salmi che si sente schiacciato da un dolore ingiusto, come Gesù che nell'orto degli ulivi chiede al Padre che passi oltre il calice della passione e sulla croce gli grida il suo sentirsi abbandonato.
E Dio non rimane impassibile, si coinvolge nella nostra sofferenza, si fa accanto, patisce con noi e come noi. Ecco perché Gesù, il Figlio di Dio, nella sua umanità freme interiormente, si commuove profondamente dinanzi alla tomba dell'amico Lazzaro e scoppia in pianto. La morte è ingiusta, anche per Gesù, ed egli non può che sentirsene autenticamente coinvolto. Perciò Gesù risuscita alla vita Lazzaro, lo tira fuori dal sepolcro, affidandolo all'affetto delle sue sorelle. L'ultima parola, per Dio, non può essere la morte e il ritorno alla vita di Lazzaro è un segno che anticipa la risurrezione di Gesù, lui che poco prima ha detto di essere «la risurrezione e la vita» (Gv 11,25).
L'ultima parola, per Dio, è l'amore, perché è l'amore che dà la vita, che vince la morte: Gesù ha amato, è stato amato dal Padre, e in forza di questo amore risuscita e porta con sé tutti coloro che credono in lui, i nostri cari Sandro, Vincenzo e Antonio, le loro esistenze che nell'amore di Dio potranno rifiorire in una vita e in una luce che non conoscono tramonto, nel Regno dove un giorno sarà possibile ritrovare la tenerezza e la dolcezza dell'abbraccio dei nostri cari che ci hanno preceduto nel pellegrinaggio terreno. Questo amore esprime pienamente chi è il nostro Dio, il suo farsi accanto nella promessa di eliminare per sempre la morte e asciugare le lacrime da ogni volto (cf. Is 25,8). Del resto non può che essere così, perché Dio è amore, ci ha creati per l'amore e nell'amore troviamo il segno che ha contraddistinto la vita di questi nostri fratelli. Sandro, Vincenzo e Antonio hanno saputo amare e sono stati amati, nella loro esistenza quotidiana, negli affetti familiari, nel loro lavoro, nella trama delle relazioni con gli altri.
Questo amore è risaltato particolarmente nell'impegno da loro profuso nell'associazione Avis di Andria, anche grazie all'intuizione di Antonio Porro che, sin dai primi passi dell'associazione, ha affiancato l'attività ciclistica a quella delle donazioni di sangue. Tale dedizione esprime bene l'impegno sociale, il volontariato disinteressato, il servizio generoso che ha segnato le loro vite e che testimonia come solo l'amore, nelle nostre precarie vite, conta ed è credibile. Sandro, Vincenzo e Antonio sono morti al mattino del 3 agosto, in una domenica in cui la liturgia della messa proponeva la lettura di un brano di grande efficacia dell'evangelista Luca (cf. Lc 12,13-21).
Nel vangelo Gesù, interpellato da un tale, rifiuta in modo secco di intervenire in una disputa tra fratelli per questioni di eredità e mette in guardia dalla cupidigia, dal desiderio smodato di possedere, perché la nostra esistenza è limitata e non dipende da ciò che si possiede: ciò che conta non è accumulare tesori per sé ma arricchirsi presso Dio. Il testo evangelico sembra davvero definire la vita di questi nostri fratelli e offre a noi una luce per leggere la drammatica fine della loro esistenza come possibilità di accoglierne la testimonianza. Sandro, Vincenzo e Antonio ci dicono che in questa nostra amata città ci sono ancora tante persone che nel silenzio sanno donarsi agli altri e si impegnano per il bene comune. Da questi fratelli riceviamo il testimone perché sia possibile una rinnovata "etica della responsabilità e della cura", attraverso l'impegno che si declina a favore della legalità, dell'attenzione ai più deboli, della comune appartenenza ad una comunità nella quale possiamo salvarci solo insieme. "Il sangue non si versa, si dona".
Questo slogan dell'Avis ci dà la speranza che il sangue versato sulla strada da Sandro, Vincenzo e Antonio sia, ancora una volta, un sangue donato, un seme che chiede di essere accolto perché porti frutto e germogli in vita che fiorisce, che risorge qui ed ora, secondo la logica del Vangelo e nella forza del Cristo Risorto. Signore Gesù, tu che sei risurrezione e vita, rivela il tuo volto mite e festoso a Sandro, Vincenzo e Antonio. Ti preghiamo di consolare i loro cari e di dare consolazione nel dolore. A tutti noi sia dato di vivere sin da ora da risorti, in un'esistenza sensata che sa donare e nell'amore fa fiorire ovunque la vita. Amen.
don Mimmo Basile