Primo cinematografo andriese
Primo cinematografo andriese
Attualità

C’era una volta il primo cinematografo andriese…

Ricorda Riccardo Mazzone: "Sorgeva in via Eritrea, in passato era una delle vie più vivaci ed eleganti della città"

Per parecchi decenni ci ha osservato sottecchi, assistendo impassibile alle varie evoluzioni o involuzioni della nostra città. Ma con il suo carico di fotogrammi si è trasformato, ben presto, in un grande contenitore di sogni e memorie per la collettività. Poi col tempo, esattamente dopo la seconda guerra mondiale, è stato privato delle sue mura per recuperare il legname e riutilizzarlo per la costruzione di bare fino ad essere soppiantato da altri edifici più moderni.

Molto prima che questi eventi avessero cambiato profondamente il suo volto, il cinematografo era per il bel Paese e ancor di più per le piccole cittadine come quella andriese, una rara ricchezza, destinata dapprima ad essere piacevolmente accolta da cittadini incuriositi dalle rappresentazione tumultuose di scorrevoli immagini e poi divenuto uno dei passatempi prediletti da tutte le generazioni.

Il cinematografo sorgeva in Corso Imbriani poi ribattezzata via Eritrea - la strada che collega via Carmine con piazza Porta La Barra – che agli inizi del secolo scorso, era la via più frequentata dalla movida andriese. Infatti, proprio qui, proliferavano negozi, botteghe artigiane di vario genere, studi professionali, ambulatori medici, farmacia, sezioni di partiti e di associazioni oltre che ospitare la prima sede del Liceo Classico Statale "Carlo Troya", attualmente divenuta scuola secondaria di primo grado "Mons. Giuseppe Di Donna".

Insomma, via Eritrea - il cui toponimo rappresenta un chiaro riferimento alla campagna etiopica del terzo impero di Mussolini – era la strada più vivace ma anche la più elegante della città federiciana. Ad impreziosirla c'erano edifici architettonici in linea con lo stile del periodo come il Palazzo Rella, riconoscibile espressione dell'Art Nouveau o il settecentesco Palazzo Calvi, situato ad angolo con piazza La Barra. Senza contare della presenza dell'antica chiesa medioevale dell'Annunziata, del cinquecentesco santuario della Madonna dell'Altomare e della settecentesca chiesa a convento del Carmine con annessa biblioteca e seminario diocesano.

Ma negli anni, come spesso capita, la bellezza diviene preda dei più crudeli gesti di incuria e inciviltà da parte delle istituzioni e dei cittadini: i veri custodi dell'eredità artistica o monumentale del paese. Circa 10 anni fa, si abbattè sulla città un violentissimo temporale che causò ingenti danni alla zona in questione per il cedimento della condotta idrica del canale Ciappetta-Camaggio con la conseguente decisione da parte dell'allora amministrazione comunale di chiuderla al traffico automobilistico in modo da tutelare l'incolumità dei cittadini.

L'intervento consistette nella realizzazione di un ponte provvisorio: il cosiddetto "ponte Bailey" in via Carmine, eretto in poche settimane ed installato per consentire agli esperti di effettuare un indagine approfondita sul tratto danneggiato e progettare un adeguato piano di intervento. Ma tuttora quel ponte, dalle sembianze belliche, rimane e via Eritrea resta chiusa al traffico.

Il futuro di quella zona, come per tante altre di forte interesse storico-artistico, è per noi ignoto. Certo è però che la comunità potrebbe,mediante l'adozione di comportamenti rispettosi, curare lo scrigno di bellezza e storia della città. Senza gettarla nel baratro del degrado come è avvenuto più volte con l'abbandono cospicuo di sacchi di immondizia. Perché amare la nostra città significa rispettare i suoi luoghi, la sua storia e una parte di noi stessi.

Le foto correlate all'articolo sono del cultore della storia di Andria, Riccardo Mazzone e del prof. Riccardo Campanile.
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