Belle quattro parole

Il re è nudo

Il coraggio della verità

Gli inglesi immaginano la cecità voluta di fronte ad una verità nota a tutti come l'incapacità di vedere «an elephant in the room» ovvero credono che sia come avere un elefante in salotto e non vederlo. Il corrispondente modo di dire italiano è «Il re è nudo!» esclamazione che utilizziamo ogni volta che facciamo riferimento all'atteggiamento di chi cela o finge di non vedere una verità palese per piaggeria, adulazione, compiacimento nei confronti dell'autorità, del potere nelle sue varie forme.

L'espressione è estrapolata da I vestiti nuovi dell'imperatore una celebre fiaba dello scrittore danese Hans Christian Andersen in cui si racconta di un re che per assecondare la sua vanità (e per timore di scoprire di essere stupido) cade in una trappola organizzata da due falsi tessitori che si presentano alla sua corte e gli propongono una stoffa pregiatissima con cui realizzare dei vestiti nuovi, dai colori e dal disegno straordinariamente belli e con la proprietà di diventare invisibili agli occhi degli stolti e degli indegni dell'incarico che ricoprono. Il re dà mandato ai due uomini di confezionare i vestiti; gli impostori fingono di tessere la stoffa, osannati durante il lavoro dai complimenti del re e di tutti gli uomini della corte che per non essere additati come degli incapaci o degli stupidi contemplano i vestiti nuovi inesistenti senza minimamente neppure immaginare di confrontarsi con gli altri sulla truffa che si realizza dinanzi ai loro occhi.

Così il re, acconciato per un corteo con i vestiti inesistenti, sfila per la città in mutande. La gente che è per strada o alla finestra commenta: «Che meraviglia i nuovi vestiti dell'imperatore! Che splendido strascico porta! Come gli stanno bene!». Nessuno vuol far capire che non vede niente, perché altrimenti dimostrerebbe di essere stupido o non all'altezza della bellezza interpretata dai vestiti che come mai altri prima d'ora riscuotono una tale successo. «Ma non ha niente addosso!» dice ad un certo punto un bambino: la voce della purezza, dell'indifferenza ai vincoli, alle sovrastrutture della società che lo circonda, finalmente smaschera la finzione collettiva e dice la verità. La voce circola, ma il re si ostina a completare il percorso con tanto di servi che gli reggono l'invisibile strascico.

Il finale? Gli umili e desiderosi del cambiamento inciterebbero: «Il bambino è un eroe da portare in trionfo!»; i più orgogliosi e conservatori, recalcitranti all'idea di aver sbagliato, sentenzierebbero : «Il bambino è un guastafeste da linciare»; i diplomatici e gli eleganti annuirebbero: «L'essenziale è invisibile agli occhi». Voi che fareste della verità?
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