Belle quattro parole

Facciamo un po' di spesa

Usi e abusi dell'andriese

Le quattro belle parole di questa settimana sono dedicate ad alcuni cibi invernali e non, consumati da andriesi e non, che tuttavia ad Andria (e forse non solo) assumono appellativi scorretti.

Il frutto orientale (dal XIX secolo è coltivato nell'area mediterranea) rivestito da una buccia sottile e profumata di colore arancione, gettata nelle serate d'inverno tra le braci dei camini e le ceneri dei vecchi braceri per profumare gli ambienti, si chiama mandarino e assolutamente non manderino.
Il manderino (o mandarino) è colui che all'inizio di una partita di pallone toscano con bracciale, un antico gioco italiano, lancia la palla.
Ibrido di mandarino e di arancio amaro è un albero il cui frutto si chiama clementina dal nome di un padre Clemente che lo individuò in Algeria nel XX secolo; per Natale le nostre tavole saranno imbandite tra le altre cose di ceste traboccanti di clementine e non di clementini.

Difficile è cambiare l'abitudine di dire la philadelphia: la marca leader tra quelle che propongono i formaggi spalmabili ha ormai dato un nome e un genere femminili al prodotto, che in realtà è un formaggio e si chiama pertanto il philadelphia.
Stando al significato italiano della parola, saremmo tutti degli estorsori rivolgendoci al salumiere e chiedendo della grana grattuggiata: il formaggio della pianura padana è il grana. La grana significa i quattrini, i soldi, trattandosi della forma plurale della parola grano, indicante un'antica moneta napoletana e siciliana.
Dulcis in fundo: le cioccolate. Che terribile appellativo per il balsamo dolce o amaro lenitivo del cuore e della psiche al 70 o, se si preferisce, al 100%!
La cioccolata è sinonimo di cioccolato (dallo spagnolo chocolate, a sua volta dall'azteco chocolatl) ed è la materia prima con cui si producono le varie praline che si chiamano cioccolatini.

E per pagare la nostra spesa di mandarini, cioccolatini, formaggi e magari anche qualche salsiccia (e non salciccia) cosa usiamo? Degli euro e non degli euri, perché il nome scelto nel 1995 per la moneta unica europea è un prefissoide che precede molte parole legandole all'ambito dell'Unione europea (eurovisione, europarlamentare, eurozona): in quanto prefisso è invariabile in genere e numero.

Con l'augurio che il soffio di Euro, il vento degli antichi che spira da est, si porti via gli errori della nostra spesa.



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