Cimitero
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Commento

Don Ettore Lestingi: "A proposito del 2 novembre…"

Dal Presidente Commissione Liturgica diocesana riceviamo e pubblichiamo

"Con un poco di zucchero la pillola va giù, la pillola va giù, pillola va giù. Basta un poco di zucchero e la pillola va giù. Tutto brillerà di più".
E' quanto le nostre mamme, quali eterne e dolcissime Mary Poppins, ci cantavano quando da bambini dovevano ingoiare una pillola amara o uno sciroppo sgradevole.
Parole che stimolavano la papilla gustativa e da amara la pillola diventava una dolce caramella, e lo sciroppo diventava una bibita con le bollicine.
Qualcuno si chiederà: ma che c'entra tutto questo con la commemorazione dei defunti?
Perchè credo che una operazione di tipo culturale di addolcimento della realtà della morte che vuole rimuovere dall'orizzonte umano il solo pensare ad essa, stia prendendo piede in tutto l'Occidente, ma anche tra di noi, schiacciando sul presente l'esistenza umana, rendendo inutile ogni riferimento a "quell'ora" che si vorrebbe che non arrivasse mai, ma è inevitabile, trasformando anche i luoghi di sepoltura in mete turistiche, o verde pubblico o parchi di ristoro. (vedi i Cimiteri del Nord Europa)
A raccontarci tutto questo sono le parole che creano mentalità. In questi giorni, in vista della commemorazione dei Defunti leggo articoli o titoli di iniziative come: "Festa dei Defunti…" o "Passeggiata al Cimitero". E del Cimitero "Museo a cielo aperto".
Eppure mi chiedo: parlare di Festa dei defunti, o di passeggiata al Cimitero, Museo a cielo aperto, che risonanza ha nell'animo ferito di una madre che ha perso il figlio in tenera età, o nel cuore di una giovane donna che ha perso prematuramente il compagno della sua vita, o nel giovane cuore di una ragazzo la cui mamma gli è stata rapita da una squilibrata mano omicida?
Non dimentichiamo che anche per noi cristiani, la morte pur essendo il compimento dell'esistenza umana, quando arriva ha sempre la violenza di un rapimento e, come diceva don Tonino Bello, la sua "è un'ala fredda" o come cantava Angelo Branduardi "Sono io la morte e porto corona Io son di tutti voi signora e padrona E davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare".
Ala fredda, falce… sono parole che parlano di freddezza e di durezza della morte, che nessuno vorrebbe sentire o peggio ancora sperimentare. Ma non è bene fuggire dal pensiero della morte anzi, è giusto pensare sempre ad essa per vivere in pienezza di senso e di saggezza la vita. Il salmo 89 così ci fa pregare: "Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore". La sapienza del cuore è libertà dagli affanni ingannevoli della vita, cura delle relazioni, vivere in pienezza ogni attimo, come se fosse il primo, l'unico e l'ultimo, godere delle gioie semplici, cogliere l'essenziale e, soprattutto desiderare il cielo, verso cui siamo incamminati in una Domenica senza tramonto quando tutta l'umanità entrerà in un grande riposo.
Usare parole giuste non significa essere pessimista, ma realista. Come realista è il pensiero sulla morte del cristianesimo che, altro che oppio dei popoli, ci spalanca gli occhi sulla realtà per coglierne il senso e per viverla e non subirla. Paolo VI così pregava: "Fa, o Signore, che la morte possa prendermi senza sorprendermi". E don Tonino Bello: "Fa, o Signore, che la morte mi trovi sveglio". La Liturgia, che è la fede pregata, riguardo alla morte parla "di tristezza che nasce dalla certezza di dover morire" e considera la morte "comune eredità di tutti gli uomini".
Un realismo affascinante perché più reale è ciò che segue alla morte: "ci consola la promessa dell'immortalità futura…" .
Dunque più che addolcire l'amara pillola della morte, o temere i suoi effetti indesiderati, pensiamo al suo valore terapeutico: la vita senza fine!
E usiamo le parole giuste al posto giusto: Pellegrinaggio e Campo santo, o meglio: Cimitero, cioè Dormitorio, dove come Sammy Basso in modo ironico ma cristianamente vero ha dichiarato nel suo saluto alla vita: "State tranquilli, tutto questo è solo sonno arretrato..."




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