Commento
Di Gioia: "Andria, una città senz'anima"
Cittadino e cultore di storia locale, il medico Antonio Di Gioia ci offre alcune riflessioni circa la situazione socio politica della città
Andria - martedì 21 gennaio 2020
12.31
"Andria, una città senz'anima?" è il titolo dell'analisi che il cultore di storia locale, ma prima ancora cittadino, come ama definirsi il medico Antonio Di Gioia, offre ai suoi concittadini, che qui pubblichiamo:
"Il disastro delle finanze pubbliche, il commissariamento amministrativo, la mancata tutela e valorizzazione del patrimonio storico - architettonico della città e del territorio, l'arretratezza culturale sono sotto gli occhi di tutti.
L'arretratezza culturale di Andria è una "questione" che data da circa due secoli ed è stata oggetto di approfondite analisi di tipo storico-sociale, imputabile in buona parte alla grettezza del ceto borghese e della classe dirigente, interessata soprattutto al proprio profitto economico . Una "storia" troppo lunga. Ora, ci interessa solo dare uno sguardo al passato più recente.
Da almeno 30 anni, le altre città pugliesi hanno iniziato, al passo con i tempi, un graduale percorso di valorizzazione della propria immagine e di promozione culturale attraverso la riqualificazioni dei Centri storici e degli edifici storici di rappresentanza (castelli, palazzi baronali, residenze di campagna, teatri, musei civici, biblioteche e archivi storici, ecc.), con ricadute positive sul tessuto sociale e sul turismo, che oggi vede la Puglia ai primi posti nelle graduatorie nazionali e internazionali.
La nostra città è rimasta ferma al palo, poiché i nostri amministratori hanno fatto altre scelte, portando la comunità alla condizione attuale. Il " colore" politico delle Amministrazioni che si sono avvicendate nel tempo alla guida della città non ha fatto grandi differenze.
Arrivismo politico, interessi personali mascherati da politichese, malafede e mancanza di cultura autentica hanno alimentato il "verme" che ha bacato questa città. Fatte salve le poche eccezioni.
La " cultura" è la conoscenza che promuove la bellezza delle cose e l'armonia del vivere.
Cultura, bellezza sono parole che ascoltiamo spesso, veicolate dai mass media, ma non sono degli slogans. La Regione Puglia si accinge ad emanare, a breve, una "Legge sulla Bellezza". Le nostre consorelle BAT, Barletta e Trani, si sono candidate a " Capitale italiana della cultura 2021".
E Andria?
Non tutto è negativo. L'Episcopato andriese ha fatto alla nostra comunità il grande dono di aver aperto, dopo un lungo percorso, il Museo Diocesano " San Riccardo" dove sono raccolte le opere superstiti di un grande passato artistico di Andria. Una parte delle opere esposte furono raccolte dal vescovo mons. Lanave, un uomo che "amava le pietre", oltre agli uomini, che amava la conoscenza e la bellezza.
Un altro motivo di conforto per la città è la presenza di numerose Associazioni attive in campo sociale, artistico, sportivo, culturale nel senso più ampio.
Le prossime elezioni comunali saranno un momento decisivo per la città. Gli elettori, soprattutto i più giovani, credono sempre meno alle ideologie partitiche ( vedi il fenomeno " Sardine") e guardano con più interesse alla soluzione pratica dei problemi.
Si registrano i primi interventi nel dibattito politico locale: dai segretari dei partiti e da personalità politiche locali si invoca discontinuità con il passato ( Fratelli d'Italia, PD , Forza Italia , Associazione "Forza Andria") e si giunge anche alla proposta, senza dubbio interessante, di un'amministrazione di "salute pubblica", che, si auspica, non tradisca l'onestà intellettuale dei cittadini andriesi.
Allo stesso tempo si è riaffacciato nel dibattito politico qualche "vecchio" personaggio politico, due ex sindaci di Andria , in particolare.
Vincenzo Caldarone, si è messo alla guida di sedicenti "nuove" reti civiche di gruppi e associazioni dal nome accattivante, per riproporre generici programmi vecchi e scontati. A Vincenzo devo ricordare che, le Amministrazioni da lui guidate come sindaco diedero il primo, decisivo colpo nell'affossare qualsiasi tentativo di rinnovare culturalmente Andria. Durante il suo decennio di amministrazione della città, tutte le città pugliesi intrapresero quel lungo percorso virtuoso di valorizzazione materiale delle proprie "anime", mentre la sua Amministrazione prese tutt'altre strade, completamente sorda ai richiami che le Associazioni culturali dell'epoca gli rivolgevano. Le Amministrazioni successive seguirono lo stesso andazzo.
Vincenzo D'Avanzo, una riconosciuta, discreta " penna" di storie e storielle locali, anche interessanti e simpatiche, si appella e rievoca il "popolo", la "patria"," l'ideale politico di una volta" ed esprime nostalgia per i partiti di una volta, che "… andavano a pregare la parte migliore della società per coinvolgerla nelle liste …"", ma poi venne Tangentopoli che, a suo dire, trasformò il "popolo" in "gente", una massa amorfa di individui, di arrabbiati contro il sistema politico.
Ma guarda! Se non ricordo male, lui faceva parte delle "vittime" della Tangentopoli andriese, chissà per quali motivi. Vincenzo D'Avanzo avrebbe trovato anche la soluzione per risanare Andria, addirittura anche moralmente, oltre che fisicamente: basterebbe trasformare di nuovo la "gente", quella arrabbiata, in "popolo", formato da quelli che si incantavano a seguire i politici di una volta. La sua nostalgia del passato sembra proprio inguaribile.
In qualità di cittadino, da molti anni attento alla storia e alla bellezza della città, vorrei proporre alcune riflessioni.
Non è vero che le persone non contano e che sono più importanti i programmi politici. In occasione delle tornate elettorali di "programmi" ne abbiamo sentiti a bizzeffe.
E' vero invece il contrario: sono le persone che contano, la loro onestà intellettuale, che se è autentica, è riconoscibile e si riverbera anche nella pratica amministrativa. Un amico mi ha chiesto: tu cosa preferisci un amministratore esperto e tangentista o uno meno esperto ma onesto. Non ho avuto esitazioni: preferisco il secondo, come, credo, la maggior parte degli elettori.
Non vi è altra soluzione per il futuro di Andria: per recuperare il tempo perduto, bisogna fare delle scelte programmatiche: bisogna abbellire e rimodernare la città, riscoprire la propria anima storica e la propria identità culturale, traducendole in azioni concrete di valorizzazione materiale del patrimonio architettonico e urbanistico e territoriale. Non è possibile scendere nei dettagli, ma basterebbe guardarci intorno e vedere quello che è avvenuto e avviene nelle altre città ( Lecce, Bari, Matera, Trani, Barletta, Ruvo, ecc. … ) per citarne alcune. Naturalmente questo non significa abbandonare gli altri settori amministrativi della città.
E' auspicabile che alla guida della città vi sia una persona che abbia riconosciute capacità amministrative e sia supportata da collaboratori competenti ed affidabili, anche al di fuori degli schemi politici tradizionali e che abbiano a cuore le sorti della città. Andria è stanca di Sindaci e di amministratori, che usano e sfruttano il consenso politico soprattutto per la propria personale carriera e per inconfessabili interessi personali.
Non si può essere buoni per ogni stagione. Ci sono in giro ancora molti "politicanti" dei tempi passati, poco affidabili: è bene che si tengano alla larga dall'amministrazione del bene pubblico, dal barattolo di marmellata, anche perchè oggi è quasi vuoto e poi perché, si sa, la volpe perde il pelo, ma non il vizio", conclude la sia analisi il dottor Antonio Di Gioia.
"Il disastro delle finanze pubbliche, il commissariamento amministrativo, la mancata tutela e valorizzazione del patrimonio storico - architettonico della città e del territorio, l'arretratezza culturale sono sotto gli occhi di tutti.
L'arretratezza culturale di Andria è una "questione" che data da circa due secoli ed è stata oggetto di approfondite analisi di tipo storico-sociale, imputabile in buona parte alla grettezza del ceto borghese e della classe dirigente, interessata soprattutto al proprio profitto economico . Una "storia" troppo lunga. Ora, ci interessa solo dare uno sguardo al passato più recente.
Da almeno 30 anni, le altre città pugliesi hanno iniziato, al passo con i tempi, un graduale percorso di valorizzazione della propria immagine e di promozione culturale attraverso la riqualificazioni dei Centri storici e degli edifici storici di rappresentanza (castelli, palazzi baronali, residenze di campagna, teatri, musei civici, biblioteche e archivi storici, ecc.), con ricadute positive sul tessuto sociale e sul turismo, che oggi vede la Puglia ai primi posti nelle graduatorie nazionali e internazionali.
La nostra città è rimasta ferma al palo, poiché i nostri amministratori hanno fatto altre scelte, portando la comunità alla condizione attuale. Il " colore" politico delle Amministrazioni che si sono avvicendate nel tempo alla guida della città non ha fatto grandi differenze.
Arrivismo politico, interessi personali mascherati da politichese, malafede e mancanza di cultura autentica hanno alimentato il "verme" che ha bacato questa città. Fatte salve le poche eccezioni.
La " cultura" è la conoscenza che promuove la bellezza delle cose e l'armonia del vivere.
Cultura, bellezza sono parole che ascoltiamo spesso, veicolate dai mass media, ma non sono degli slogans. La Regione Puglia si accinge ad emanare, a breve, una "Legge sulla Bellezza". Le nostre consorelle BAT, Barletta e Trani, si sono candidate a " Capitale italiana della cultura 2021".
E Andria?
Non tutto è negativo. L'Episcopato andriese ha fatto alla nostra comunità il grande dono di aver aperto, dopo un lungo percorso, il Museo Diocesano " San Riccardo" dove sono raccolte le opere superstiti di un grande passato artistico di Andria. Una parte delle opere esposte furono raccolte dal vescovo mons. Lanave, un uomo che "amava le pietre", oltre agli uomini, che amava la conoscenza e la bellezza.
Un altro motivo di conforto per la città è la presenza di numerose Associazioni attive in campo sociale, artistico, sportivo, culturale nel senso più ampio.
Le prossime elezioni comunali saranno un momento decisivo per la città. Gli elettori, soprattutto i più giovani, credono sempre meno alle ideologie partitiche ( vedi il fenomeno " Sardine") e guardano con più interesse alla soluzione pratica dei problemi.
Si registrano i primi interventi nel dibattito politico locale: dai segretari dei partiti e da personalità politiche locali si invoca discontinuità con il passato ( Fratelli d'Italia, PD , Forza Italia , Associazione "Forza Andria") e si giunge anche alla proposta, senza dubbio interessante, di un'amministrazione di "salute pubblica", che, si auspica, non tradisca l'onestà intellettuale dei cittadini andriesi.
Allo stesso tempo si è riaffacciato nel dibattito politico qualche "vecchio" personaggio politico, due ex sindaci di Andria , in particolare.
Vincenzo Caldarone, si è messo alla guida di sedicenti "nuove" reti civiche di gruppi e associazioni dal nome accattivante, per riproporre generici programmi vecchi e scontati. A Vincenzo devo ricordare che, le Amministrazioni da lui guidate come sindaco diedero il primo, decisivo colpo nell'affossare qualsiasi tentativo di rinnovare culturalmente Andria. Durante il suo decennio di amministrazione della città, tutte le città pugliesi intrapresero quel lungo percorso virtuoso di valorizzazione materiale delle proprie "anime", mentre la sua Amministrazione prese tutt'altre strade, completamente sorda ai richiami che le Associazioni culturali dell'epoca gli rivolgevano. Le Amministrazioni successive seguirono lo stesso andazzo.
Vincenzo D'Avanzo, una riconosciuta, discreta " penna" di storie e storielle locali, anche interessanti e simpatiche, si appella e rievoca il "popolo", la "patria"," l'ideale politico di una volta" ed esprime nostalgia per i partiti di una volta, che "… andavano a pregare la parte migliore della società per coinvolgerla nelle liste …"", ma poi venne Tangentopoli che, a suo dire, trasformò il "popolo" in "gente", una massa amorfa di individui, di arrabbiati contro il sistema politico.
Ma guarda! Se non ricordo male, lui faceva parte delle "vittime" della Tangentopoli andriese, chissà per quali motivi. Vincenzo D'Avanzo avrebbe trovato anche la soluzione per risanare Andria, addirittura anche moralmente, oltre che fisicamente: basterebbe trasformare di nuovo la "gente", quella arrabbiata, in "popolo", formato da quelli che si incantavano a seguire i politici di una volta. La sua nostalgia del passato sembra proprio inguaribile.
In qualità di cittadino, da molti anni attento alla storia e alla bellezza della città, vorrei proporre alcune riflessioni.
Non è vero che le persone non contano e che sono più importanti i programmi politici. In occasione delle tornate elettorali di "programmi" ne abbiamo sentiti a bizzeffe.
E' vero invece il contrario: sono le persone che contano, la loro onestà intellettuale, che se è autentica, è riconoscibile e si riverbera anche nella pratica amministrativa. Un amico mi ha chiesto: tu cosa preferisci un amministratore esperto e tangentista o uno meno esperto ma onesto. Non ho avuto esitazioni: preferisco il secondo, come, credo, la maggior parte degli elettori.
Non vi è altra soluzione per il futuro di Andria: per recuperare il tempo perduto, bisogna fare delle scelte programmatiche: bisogna abbellire e rimodernare la città, riscoprire la propria anima storica e la propria identità culturale, traducendole in azioni concrete di valorizzazione materiale del patrimonio architettonico e urbanistico e territoriale. Non è possibile scendere nei dettagli, ma basterebbe guardarci intorno e vedere quello che è avvenuto e avviene nelle altre città ( Lecce, Bari, Matera, Trani, Barletta, Ruvo, ecc. … ) per citarne alcune. Naturalmente questo non significa abbandonare gli altri settori amministrativi della città.
E' auspicabile che alla guida della città vi sia una persona che abbia riconosciute capacità amministrative e sia supportata da collaboratori competenti ed affidabili, anche al di fuori degli schemi politici tradizionali e che abbiano a cuore le sorti della città. Andria è stanca di Sindaci e di amministratori, che usano e sfruttano il consenso politico soprattutto per la propria personale carriera e per inconfessabili interessi personali.
Non si può essere buoni per ogni stagione. Ci sono in giro ancora molti "politicanti" dei tempi passati, poco affidabili: è bene che si tengano alla larga dall'amministrazione del bene pubblico, dal barattolo di marmellata, anche perchè oggi è quasi vuoto e poi perché, si sa, la volpe perde il pelo, ma non il vizio", conclude la sia analisi il dottor Antonio Di Gioia.