Ultimo giro di bevute di cultura  al caffè letterario “ Persepolis”. <span>Foto Riccardo Di Pietro</span>
Ultimo giro di bevute di cultura al caffè letterario “ Persepolis”. Foto Riccardo Di Pietro
Scuola e Lavoro

Ultimi sorsi di cultura al caffè letterario “Persepolis”

Dopo quattro anni di attività chiude il bar-libreria di via Giovanni Bovio

La notizia della chiusura è giunta come un fulmine a ciel sereno. La libreria Persepolis, fondata nel 2015, chiuderà per sempre il prossimo 30 aprile, come informa con un post sui social la titolare Giorgia Di Renzo.

Centinaia gli scrittori che in questi anni la libreria ha ospitato, provenienti da diverse parti dell'Italia: questo fermento culturale di alto profilo ha fatto si che la libreria Persepolis, o meglio il caffè libreria (qui ha lavorato il bravo ed apprezzato metrè Mario Caldarola), ricevesse numerosi e lusinghieri consensi.

Nonostante ciò, la crisi economica globale degli ultimi anni, unita allo sviluppo esponenziale del commercio online e alla digitalizzazione del libro, hanno reso sempre più difficile tenere in ordine i conti aziendali.

Il grido d'allarme rimbalza ormai in tutta l'Italia e il verdetto pare unanime: è drasticamente diminuito il numero delle librerie, c.d. "tradizionali", mentre è aumentato in misura ancor più vistoso il ricorso agli acquisti librari online. Le librerie a conduzione familiare perdono quota, sono le più fragili, hanno superfici minori e quindi meno titoli. Chiudono senza eccezione.

L'e-commerce conquista sempre più velocemente il mercato del libro per un fattore molto semplice: il drastico abbassamento dei prezzi di vendita, abbinato ad un vertiginoso assortimento di titoli e a procedure di consegna particolarmente rapide. È chiaro quindi che il libraio non può competere con il sito dell'editore o con una catena a marchio editoriale.

La libreria tradizionale resta, però, il principale fornitore di ciò che il commercio online non potrà mai procurare, ovvero interazione umana dal vivo, tattilità, atmosfera, dibattito, opportunità di aggregazione, incontri con gli autori, inserimento di punti di ristorazione, confermandosi ancora oggi settore di nicchia.

La titolare Giorgia Di Renzo tiene a sottolineare: "Sono e resterò sempre una romantica, ma ci vuole il coraggio di una politica a livello nazionale a favore del libro e della lettura, per poter aiutare concretamente le librerie indipendenti. Chiamare questo posto libreria è riduttivo: è un contenitore culturale a tutto tondo, è un' industria della cultura. Qui c'è anche un bar creato proprio prevedendo di poter compensare il mancato introito della libreria e quindi trarre maggior profitto. In quattro anni ho realizzato una serie di eventi che neanche l'associazione più proficua ha mai creato. Senza peccare di presunzione, siamo passati da eventi della cultura del bere agli eventi teatrali, dalle presentazioni di libri ai banchetti letterari e musicali. A ciò si deve aggiungere il considerevole flusso di ragazzi che il pomeriggio si ritrovano qui per studiare in gruppo. Di qui è passato di tutto di più, ma neanche questo è bastato perché le mie spese sono oggettivamente troppo alte.

Non c'è cooperazione tra le varie entità che fanno cultura, eventi che si accavallano nello stesso giorno e nelle stesse ore. Si preferisce avere la propria associazione, il proprio circolo sia pure sistemato nello scantinato di casa, ma che prevalga sull' altro anzichè sfruttare dei posti come l'Officina San Domenico e Persepolis -sia pure quest'ultima in misura minore e con spazi più limitati. Due luoghi culturali in cui le tante associazioni potevano confluire evitando i costi di locazione e permettendo a queste due realtà di sopravvivere.
C'è anche una mancanza di interesse soprattutto nei giovani, che non sono disposti a collaborare e sporcarsi così "le mani", non c'è bisogno necessariamente di addossare le colpe alla politica e ai nostri amministratori, la politica la facciamo noi, siamo noi il fallimento della cultura.
Non è detto che chiudo questo posto e lascio il campo libero, questo non lo assicuro perché questa città ha bisogno di un posto dove i ragazzi possono confrontarsi. Prendete quindi queste mie parole -
conclude così Giorgia Di Renzo- come spunto per un'attenta riflessione".

Restiamo romantici, ma non perdiamo il passo.
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