L’Annunciazione: il fatto più divino della storia del mondo

Riflessioni di Gennaro Piccolo, referente del centro Igino Giordani di Andria

lunedì 25 marzo 2019
Come oggi, anche quel 25 marzo di duemila anni fa, per l'umanità, era un giorno pari a tutti i giorni; nei campi si pascolava e si zappava, nelle piazze si sproloquiava di politica, i popoli si facevano guerra per rubarsi pane e pace, come sempre.

Nell'indifferenza generale degli uomini avvenne il fatto più divino della storia del mondo. Avvenne che l'Arcangelo più bello, a un cenno di Dio - un cenno che era fisso da sempre nel suo disegno, - staccatosi dal coro celeste e carico della speranza di tutti gli spiriti beati, s'era avventato giù per gli spazi dove balenando di stella in stella, verso un minuscolo pianeta - la Terra - l'aveva, con uno sguardo, scossa tutta, per scegliere sulla sua crosta chiazzata d'acque una brulla contrada, annegata di sole – la Galilea – e ivi individuare il borgo più miserabile: Nazareth. Dentro la grotta, adattata ad abitazione, come di consueto, Maria stava a colloquio con Dio, persa ad amarlo. La semplicità si perdeva nel Tutto Semplice; l'Innocenza tornava alla fonte dell'Innocenza. In quel momento di estasi, entrò - saetta di luce - Gabriele.

Dunque, Maria entra nella storia mentre prega. L'arcangelo la sorprende in preghiera. La sua gioia è pregare, la sua vita è pregare. E pregare è colloquiare col Signore, effondersi in Lui, annullarsi in Lui. Che importava la miseria dello stambugio, scavato nel tufo, dalle pareti che gemevano l'acqua dalla collina o flagravano del sole sulla pianura, quando contro di essa, sopra le dune, si poteva costruire la ricchezza dell'amore di Dio, distillato in un colloquio tra figlia e Padre, tra serva e Re, tra nulla e Tutto? Maria perdeva sé e trovava l'Eterno. E tutto ciò per un'ardenza di amore, onde era trasfigurata ai piedi di Dio. La preghiera in Maria era trasfusione d'amore.

L'annunzio dell'angelo strappa la Vergine dall'estasi e la trasforma nel dramma. Estasi divina, in cui colloquiava con Dio; dramma umano, in cui starà a fronte al demonio. Ella non sa, ma capisce che tutto è mutato, che una cosa immensa comincia da lei, e cioè che le si chiede un servizio quale a nessuna creatura, per un mutamento di tutta la vicenda umana. E' tolta alla pace e messa alla guerra. La quiete di Nazareth, dove aveva designato una esistenza al servizio di Dio, tra la preghiera e il lavoro, nel silenzio, è troncata. Esser la madre del Messia vuol dire passare al servizio del popolo, un servizio che comporta urti e sacrifici.

Salutando Maria, l'arcangelo disse "Ave, piena di grazia". Noi salutiamo lei solitamente con le parole di lui. Esse compongono la prima parte della salutazione angelica "Ave Maria". Così veniamo a riconoscere che per trattare con la vergine bisogna essere come angeli, occorre angelicare l'anima, darle due ali: amore e purezza».