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Attualità
DIA: Il report sulla criminalità andriese ed i legami con gli altri sodalizi pugliesi
Un paragrafo della relazione semestrale dedicato ai fenomeni criminali nella città Fidelis
Andria - venerdì 26 febbraio 2021
12.20
La città di Andria sotto la lente d'osservazione della Direzione Investigativa Antimafia, che traccia la sua evoluzione nella relazione del primo semestre 2020.
"Per la città di Andria il 2019 è stato connotato dalla "frattura" negli equilibri storici del suo scenario criminale provocata dagli omicidi dei capiclan Griner e Capogna, rispettivamente consumati nei mesi di giugno e luglio dello scorso anno. Le attività di contrasto della magistratura e dalle FF.PP. tese ad arrestare una sicura escalation di violenza hanno consentito di raccogliere interessanti elementi informativi circa le evoluzioni in atto, mettendo in luce come le nuove leve del gruppo, in particolare il fratello del boss Griner (attualmente detenuto in regime ex art. 41 bis o.p.) e il figlio del boss Capogna, avendo acquisito un certo spessore criminale sarebbero divenuti figure ingombranti per i "due storici esponenti (i grossi) della criminalità organizzata andriese (clan mafioso Pastore-Campanale)". In tal senso, particolarmente importuna sarebbe risultata la rete di relazioni criminali intessuta dal figlio maggiore del boss Capogna con altre compagini operanti in diversi comuni della provincia e nel resto della regione (a Bari, Foggia e nel Salento) così come ricostruito dall'operazione "Nemesi" del 7 giugno 2019, nell'ambito della quale era, tra l'altro, emerso il particolare interesse del sodalizio verso Margherita di Savoia.
Tali assunti trovano conferma negli esiti investigativi a fondamento delle due misure cautelari (emesse nell'ambito del medesimo procedimento penale) eseguite dai Carabinieri, rispettivamente a febbraio e giugno 2020 nei confronti di elementi del clan Capogna.
Nelle giornate del 15 e 16 di febbraio, sulla scia delle indagini relative ai due gravi fatti di sangue, sono stati tratti in arresto i due fratelli saliti al vertice del clan dopo l'omicidio del padre, ritenuti responsabili, in concorso, di detenzione illegale di armi da guerra (tra cui un fucile d'assalto kalashnikov AK-47) aggravata dall'art. 416 bis.1 c.p.. Gli esiti dell'indagine dimostrano come la famiglia Capogna ritenesse che a determinare gli omicidi fossero stati appunto "i grandi" della criminalità organizzata andriese, la cui autorevolezza era stata messa in discussione in diverse circostanze dall'erede emergente del boss Capogna. Sintomatico, al riguardo, l'episodio richiamato dal provvedimento in cui il pregiudicato è intervenuto a protezione di un imprenditore suo amico vittima di richieste estorsive.
Il successivo 12 giugno i Carabinieri hanno eseguito un secondo provvedimento cautelare, a carico di altri n. 4 soggetti legati al gruppo Capogna, ritenuti responsabili delle medesime ipotesi di reato. Tra gli arrestati compare anche la terza figlia del defunto capoclan, figura altrettanto significativa nelle dinamiche di antagonismo criminale descritte e nei progetti delittuosi orditi per vendicare la morte del boss, in quanto dichiaratasi disponibile a compiere in prima persona la vendetta poiché insospettabile. La seconda parte dell'indagine ha inoltre confermato come la rete dei fiancheggiatori del gruppo Capogna fosse attiva anche nella vicina provincia di Bari, in particolare nella confinante città di Corato, dove si era tra l'altro nascosto il killer assoldato per la progettata "picchiata" ai danni dei capi storici del sodalizio avverso, la cui eliminazione avrebbe permesso ai Capogna di consolidare la propria posizione nella gestione delle attività illecite soprattutto del mercato degli stupefacenti e nel racket delle estorsioni.
In termini generali, la criminalità andriese risulta tra le più pragmatiche in virtù di una operatività flessibile rimodulata di volta in volta in funzione degli interessi da perseguire, privilegiando soprattutto i rapporti con la malavita cerignolana la cui influenza nell'area è particolarmente significativa. Tali collaborazioni hanno favorito la specializzazione dei locali gruppi criminali nel compimento dei reati predatori e dei furti di auto che restano, infatti, le fattispecie di reato più diffuse nella provincia. Significativa al riguardo l'operazione "Terra Bruciata", originata dagli esiti di un'attività investigativa concernente due rapine perpetrate nel comune di Barletta in danno di autoarticolati che trasportavano tabacchi lavorati esteri.
L'indagine ha consentito di ricostruire il modus operandi del gruppo, caratterizzato dalla accurata preparazione dei delitti mediante numerosi sopralluoghi, dall'utilizzo di autovetture con funzioni di apripista e di vedetta, a mirati furti di veicoli destinati alla fase dell'assalto da dare poi alle fiamme nonché dalle modalità di esecuzione "paramilitari" comprendenti l'uso di armi da guerra e disturbatori di frequenza per inibire le comunicazioni e gli antifurti satellitari. L'inchiesta ha documentato, inoltre, l'esistenza di forme di collaborazione tra la delinquenza comune e la criminalità organizzata della BAT e del basso foggiano, evidenziando come, in occasione delle rapine indagate avesse assunto un ruolo prettamente operativo la frangia andriese capeggiata da due pregiudicati vicini al gruppo criminale La Penna, mentre le attività legate alla logistica e allo smercio dei beni rapinati erano curate da un pregiudicato vicino alla criminalità di Orta Nova (FG). Sempre con riferimento allo specifico ambito criminale, nel semestre in esame a Diso (LE) i Carabinieri, in esecuzione di due diversi provvedimenti cautelari, hanno proceduto alla cattura di un pregiudicato andriese, latitante dall'ottobre 2018, elemento storico dell'intero scenario criminale pugliese e specializzato negli assalti ai portavalori, nelle rapine agli autotreni e nei furti con scasso ai bancomat, legato anche a sodalizi di altre province ed in primis a quello dei Parisi di Bari.
"Per la città di Andria il 2019 è stato connotato dalla "frattura" negli equilibri storici del suo scenario criminale provocata dagli omicidi dei capiclan Griner e Capogna, rispettivamente consumati nei mesi di giugno e luglio dello scorso anno. Le attività di contrasto della magistratura e dalle FF.PP. tese ad arrestare una sicura escalation di violenza hanno consentito di raccogliere interessanti elementi informativi circa le evoluzioni in atto, mettendo in luce come le nuove leve del gruppo, in particolare il fratello del boss Griner (attualmente detenuto in regime ex art. 41 bis o.p.) e il figlio del boss Capogna, avendo acquisito un certo spessore criminale sarebbero divenuti figure ingombranti per i "due storici esponenti (i grossi) della criminalità organizzata andriese (clan mafioso Pastore-Campanale)". In tal senso, particolarmente importuna sarebbe risultata la rete di relazioni criminali intessuta dal figlio maggiore del boss Capogna con altre compagini operanti in diversi comuni della provincia e nel resto della regione (a Bari, Foggia e nel Salento) così come ricostruito dall'operazione "Nemesi" del 7 giugno 2019, nell'ambito della quale era, tra l'altro, emerso il particolare interesse del sodalizio verso Margherita di Savoia.
Tali assunti trovano conferma negli esiti investigativi a fondamento delle due misure cautelari (emesse nell'ambito del medesimo procedimento penale) eseguite dai Carabinieri, rispettivamente a febbraio e giugno 2020 nei confronti di elementi del clan Capogna.
Nelle giornate del 15 e 16 di febbraio, sulla scia delle indagini relative ai due gravi fatti di sangue, sono stati tratti in arresto i due fratelli saliti al vertice del clan dopo l'omicidio del padre, ritenuti responsabili, in concorso, di detenzione illegale di armi da guerra (tra cui un fucile d'assalto kalashnikov AK-47) aggravata dall'art. 416 bis.1 c.p.. Gli esiti dell'indagine dimostrano come la famiglia Capogna ritenesse che a determinare gli omicidi fossero stati appunto "i grandi" della criminalità organizzata andriese, la cui autorevolezza era stata messa in discussione in diverse circostanze dall'erede emergente del boss Capogna. Sintomatico, al riguardo, l'episodio richiamato dal provvedimento in cui il pregiudicato è intervenuto a protezione di un imprenditore suo amico vittima di richieste estorsive.
Il successivo 12 giugno i Carabinieri hanno eseguito un secondo provvedimento cautelare, a carico di altri n. 4 soggetti legati al gruppo Capogna, ritenuti responsabili delle medesime ipotesi di reato. Tra gli arrestati compare anche la terza figlia del defunto capoclan, figura altrettanto significativa nelle dinamiche di antagonismo criminale descritte e nei progetti delittuosi orditi per vendicare la morte del boss, in quanto dichiaratasi disponibile a compiere in prima persona la vendetta poiché insospettabile. La seconda parte dell'indagine ha inoltre confermato come la rete dei fiancheggiatori del gruppo Capogna fosse attiva anche nella vicina provincia di Bari, in particolare nella confinante città di Corato, dove si era tra l'altro nascosto il killer assoldato per la progettata "picchiata" ai danni dei capi storici del sodalizio avverso, la cui eliminazione avrebbe permesso ai Capogna di consolidare la propria posizione nella gestione delle attività illecite soprattutto del mercato degli stupefacenti e nel racket delle estorsioni.
In termini generali, la criminalità andriese risulta tra le più pragmatiche in virtù di una operatività flessibile rimodulata di volta in volta in funzione degli interessi da perseguire, privilegiando soprattutto i rapporti con la malavita cerignolana la cui influenza nell'area è particolarmente significativa. Tali collaborazioni hanno favorito la specializzazione dei locali gruppi criminali nel compimento dei reati predatori e dei furti di auto che restano, infatti, le fattispecie di reato più diffuse nella provincia. Significativa al riguardo l'operazione "Terra Bruciata", originata dagli esiti di un'attività investigativa concernente due rapine perpetrate nel comune di Barletta in danno di autoarticolati che trasportavano tabacchi lavorati esteri.
L'indagine ha consentito di ricostruire il modus operandi del gruppo, caratterizzato dalla accurata preparazione dei delitti mediante numerosi sopralluoghi, dall'utilizzo di autovetture con funzioni di apripista e di vedetta, a mirati furti di veicoli destinati alla fase dell'assalto da dare poi alle fiamme nonché dalle modalità di esecuzione "paramilitari" comprendenti l'uso di armi da guerra e disturbatori di frequenza per inibire le comunicazioni e gli antifurti satellitari. L'inchiesta ha documentato, inoltre, l'esistenza di forme di collaborazione tra la delinquenza comune e la criminalità organizzata della BAT e del basso foggiano, evidenziando come, in occasione delle rapine indagate avesse assunto un ruolo prettamente operativo la frangia andriese capeggiata da due pregiudicati vicini al gruppo criminale La Penna, mentre le attività legate alla logistica e allo smercio dei beni rapinati erano curate da un pregiudicato vicino alla criminalità di Orta Nova (FG). Sempre con riferimento allo specifico ambito criminale, nel semestre in esame a Diso (LE) i Carabinieri, in esecuzione di due diversi provvedimenti cautelari, hanno proceduto alla cattura di un pregiudicato andriese, latitante dall'ottobre 2018, elemento storico dell'intero scenario criminale pugliese e specializzato negli assalti ai portavalori, nelle rapine agli autotreni e nei furti con scasso ai bancomat, legato anche a sodalizi di altre province ed in primis a quello dei Parisi di Bari.