Servizio mensa e buoni pasto per i lavoratori della Sanità: un diritto inapplicato
La problematica al centro delle audizioni nella seduta congiunta delle Commissioni regionali I e III
mercoledì 4 giugno 2025
20.00
Il diritto al servizio mensa, o all'erogazione dei buoni pasto sostitutivi, ai dipendenti del servizio sanitario regionale non è riconosciuto o è riconosciuto in modo difforme, in base alle aziende di appartenenza e anche all'interno delle stesse.
Il tema è stato al centro delle audizioni odierne (mercoledì 4 giugno), nella seduta congiunta delle Commissioni regionali I e III, con la presidenza affidata a Saverio Tammacco, su richiesta sia delle rappresentanze sindacali territoriali sia di alcuni consiglieri regionali: Grazia Di Bari e Mauro Galante per il Movimento 5 stelle, Tonia Spina, Renato Perrini e Aldo Basile di Fratelli d'Italia.
"Nella scora legislatura – ha esordito Di Bari - è stata approvata in consiglio una mozione che impegnava la Giunta a vigilare perché in tutte le Asl fossero applicate in maniera uniforme le previsioni inerenti l'attivazione dei servizi mensa e le modalità di erogazione dei buoni pasto sostitutivi. Tale mozione è rimasta lettera morta, dato che solo la Asl Bari ha attivato il servizio, mentre nelle altre Asl tale diritto non è riconosciuto".
"Nelle Asl Bat e Brindisi – ha dichiarato Spina – abbiamo tentato di avviare un confronto per il corretto riconoscimento del diritto, ma neanche questo è stato possibile. Non è tollerabile che permanga una tale discriminazione di trattamento"
I rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil, Fials, territorialmente competenti per le diverse aziende sanitarie, hanno chiesto con forza l'applicazione dell'articolo 29 del contratto collettivo di lavoro del comparto sanità del 20/09/2001, integrativo del CCNL del 7 aprile 1999, con il quale vengono declinate le modalità di erogazione del servizio mensa ovvero dei "buoni pasto sostitutivi", richiamando anche una consolidata giurisprudenza che ha visto le aziende sanitarie soccombere rispetto ad azioni giudiziarie intraprese dai dipendenti, con i conseguenti costi legali e di riconoscimento degli arretrati, come avvenuto per la Asl Bari.
La risposta univoca da parte dei dirigenti delle Asl intervenuti attiene alla limitazione imposta dai tetti di spesa: da una parte c'è il contratto, dall'altra una norma che fa riferimento alla compatibilità con le risorse disponibili. Quindi – è la conclusione – anche se l'azienda ha chiuso il bilancio in pareggio essa non è in grado di accollarsi una ulteriore e ingente spesa per il riconoscimento del servizio o dei buoni pasto.
"E' evidente che la disparità di applicazione dell'istituto – ha sintetizzato Mauro Nicastro, dirigente della sezione Strategie e governo dell'offerta del Dipartimento Salute – dipende dalle condizioni dettate dai contratti e dalle altre norme. L'art 4 del Ccnl del 2009 stabilisce che le regioni possono fornire alle aziende indicazioni in merito alla valorizzazione nel quadro delle risorse disponibili. Anche la legge regionale 1 del 2008 prevede che il riconoscimento del diritto sia sottoposto a due condizioni essenziali: l'orario di lavoro superiore alle sei ore e la compatibilità con le risorse economiche e l'equilibrio di bilancio".
Tuttavia, seppure in un quadro di riferimento non facile, ha spiegato Nicastro, il Dipartimento sta lavorando: a marzo sono state chieste alle Asl informazione sui regolamenti aziendali e sul personale che usufruisce del servizio. Con questa ricognizione si sta procedendo per trovare soluzioni che assicurino uniformità dell'erogazione del servizio e coerenza con il sistema normativo per poi sottoporle all'esame della Giunta.
L'assessore al Bilancio Fabiano Amati ha confermato in linea di principio la fondatezza delle richieste ma la ha collegata alla necessità di "ipotesi plausibili di percorribilità", che le strutture tecniche dell'assessorato alla Salute stanno definendo, probabilmente nel giro di due/tre settimane.
Le Commissioni saranno quindi aggiornate sull'argomento entro la fine giugno. Nel frattempo i direttori delle Asl faranno pervenire, su richiesta di Tammacco, tutti i dati relativi ai conteziosi conclusi o pendenti e al numero di persone che fruiscono del servizio mensa o sostitutivo.
Il tema è stato al centro delle audizioni odierne (mercoledì 4 giugno), nella seduta congiunta delle Commissioni regionali I e III, con la presidenza affidata a Saverio Tammacco, su richiesta sia delle rappresentanze sindacali territoriali sia di alcuni consiglieri regionali: Grazia Di Bari e Mauro Galante per il Movimento 5 stelle, Tonia Spina, Renato Perrini e Aldo Basile di Fratelli d'Italia.
"Nella scora legislatura – ha esordito Di Bari - è stata approvata in consiglio una mozione che impegnava la Giunta a vigilare perché in tutte le Asl fossero applicate in maniera uniforme le previsioni inerenti l'attivazione dei servizi mensa e le modalità di erogazione dei buoni pasto sostitutivi. Tale mozione è rimasta lettera morta, dato che solo la Asl Bari ha attivato il servizio, mentre nelle altre Asl tale diritto non è riconosciuto".
"Nelle Asl Bat e Brindisi – ha dichiarato Spina – abbiamo tentato di avviare un confronto per il corretto riconoscimento del diritto, ma neanche questo è stato possibile. Non è tollerabile che permanga una tale discriminazione di trattamento"
I rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil, Fials, territorialmente competenti per le diverse aziende sanitarie, hanno chiesto con forza l'applicazione dell'articolo 29 del contratto collettivo di lavoro del comparto sanità del 20/09/2001, integrativo del CCNL del 7 aprile 1999, con il quale vengono declinate le modalità di erogazione del servizio mensa ovvero dei "buoni pasto sostitutivi", richiamando anche una consolidata giurisprudenza che ha visto le aziende sanitarie soccombere rispetto ad azioni giudiziarie intraprese dai dipendenti, con i conseguenti costi legali e di riconoscimento degli arretrati, come avvenuto per la Asl Bari.
La risposta univoca da parte dei dirigenti delle Asl intervenuti attiene alla limitazione imposta dai tetti di spesa: da una parte c'è il contratto, dall'altra una norma che fa riferimento alla compatibilità con le risorse disponibili. Quindi – è la conclusione – anche se l'azienda ha chiuso il bilancio in pareggio essa non è in grado di accollarsi una ulteriore e ingente spesa per il riconoscimento del servizio o dei buoni pasto.
"E' evidente che la disparità di applicazione dell'istituto – ha sintetizzato Mauro Nicastro, dirigente della sezione Strategie e governo dell'offerta del Dipartimento Salute – dipende dalle condizioni dettate dai contratti e dalle altre norme. L'art 4 del Ccnl del 2009 stabilisce che le regioni possono fornire alle aziende indicazioni in merito alla valorizzazione nel quadro delle risorse disponibili. Anche la legge regionale 1 del 2008 prevede che il riconoscimento del diritto sia sottoposto a due condizioni essenziali: l'orario di lavoro superiore alle sei ore e la compatibilità con le risorse economiche e l'equilibrio di bilancio".
Tuttavia, seppure in un quadro di riferimento non facile, ha spiegato Nicastro, il Dipartimento sta lavorando: a marzo sono state chieste alle Asl informazione sui regolamenti aziendali e sul personale che usufruisce del servizio. Con questa ricognizione si sta procedendo per trovare soluzioni che assicurino uniformità dell'erogazione del servizio e coerenza con il sistema normativo per poi sottoporle all'esame della Giunta.
L'assessore al Bilancio Fabiano Amati ha confermato in linea di principio la fondatezza delle richieste ma la ha collegata alla necessità di "ipotesi plausibili di percorribilità", che le strutture tecniche dell'assessorato alla Salute stanno definendo, probabilmente nel giro di due/tre settimane.
Le Commissioni saranno quindi aggiornate sull'argomento entro la fine giugno. Nel frattempo i direttori delle Asl faranno pervenire, su richiesta di Tammacco, tutti i dati relativi ai conteziosi conclusi o pendenti e al numero di persone che fruiscono del servizio mensa o sostitutivo.