Riflessioni del Professor Losappio sul sistema sanitario colpito dalla pandemia

Tre sono i punti salienti, delineati dal docente universitario ed avvocato penalista, sui quali occorre soffermarsi

martedì 7 aprile 2020 16.29
A cura di Giovanna Albo
E' un lavoro impegnativo quello svolto dai medici e operatori sanitari, che in questo periodo sono impegnati, in prima linea, sul fronte dell'emergenza sanitaria. La riconoscenza e l'ammirazione che tutti i cittadini provano per il loro straordinario lavoro non può compensare l'enorme peso che la pandemia ha scaricato sulle loro spalle. Si tratta di importanti responsabilità. Certamente, le strutture sanitarie sono molto operative, ma le risorse sono limitate, in modo particolare sul versante delle terapie intensive. I medici con esperienze sul campo sono abituati ad affrontare tali situazioni in base al principio ippocratico "scienza e coscienza", ovvero valutazione clinica e ragionevolezza pratica. In tempi normali è più semplice assumere determinate decisioni nei confronti dei pazienti ma in fase di emergenza, col personale sottoposto a stress in cui molti non erano preparati, con turni massacrati e carenze di posti, sono inevitabili drammatiche scelte sui contagiati.

Partendo da questo dato, estremamente importante, affrontato tra l'altro, nel decreto "Cura Italia", il professor Giuseppe Losappio, ordinario di Diritto penale presso l'Università di Bari, avvocato esperto di responsabilità professionale sanitaria, traccia delle riflessioni che possono essere riassunte in tre punti salienti.

"Il primo problema sono le cosiddette "scelte tragiche". Soprattutto nel nord Italia, nella fase più acuta dell'emergenza, i reparti di terapia intensiva non sono stati in grado di assistere tutti i pazienti che richiedevano l'intubazione" – spiega il professor Losappio - "I medici sono stati costretti a decidere chi "salvare e chi no", nel giro di poco tempo e in alcuni casi senza le procedure previste dalla legge per questo tipo di scelte. Queste decisioni comportano responsabilità che non possono essere valutate secondo i criteri comuni ed è doveroso salvaguardare i sanitari che coraggiosamente sono intervenuti dal rischio che alcuni sciacalli vogliano approfittare della situazione promuovendo azioni, temerarie in sede civile e penale.

Questa legittima preoccupazione non dev'essere cavalcata per – come dire –rovesciare i termini della questione. Circolano proposte che sembrerebbero voler limitare, se non escludere le responsabilità non solo penali (cosa di cui si potrebbe discutere) ma anche civili delle strutture sanitarie. Sono soluzioni inaccettabili e comunque costituzionalmente illegittime oltre che in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo" – continua – " La materia è fluida poiché gli emendamenti vengono presentati, ritirati, modificati. Anche per questo la vigilanza dev'essere molto alta.

Terzo problema: la sicurezza sul lavoro del personale sanitario. In Italia abbiamo più di 5.000 sanitari tra medici e infermieri contagiati (anche nel "nostro" ospedale, il "Bonomo", purtroppo, si contano ormai più di una decina di casi). Emerge prepotentemente il problema, di tutelare i medici dal virus. Occorre fornire i dispositivi di sicurezza, eseguire i tamponi nei tempi più rapidi adottando sempre e comunque, lo standard di sicurezza più elevato, come prescrive la giurisprudenza. Per questa ragione bisogna superare la distinzione tra contagiati e non contagiati, che non ha più ragion d'essere posto che il numero dei positivi non sintomatici è sicuramente molto più altro rispetto a quello dei positivi sintomatici" – conclude il docente universitario Giuseppe Losappio.