Terra Santa e Giordania: il pellegrinaggio partito anche da Andria per rivivere la Parola del Vangelo
Quarantasette fedeli dalle varie città della Puglia per scoprire le radici dell’esperienza cristiana, là dove tutto ha avuto origine
lunedì 25 settembre 2023
15.11
Rivivere gli episodi del Vangelo e toccare con mano la quotidianità di chi vive la Terra Santa al giorno d'oggi, è stata l'esperienza spirituale e culturale vissuta da quarantasette pellegrini provenienti da Andria, Trani, Canosa, Gravina di Puglia, Altamura, Acquaviva delle Fonti e da Lecce, in una terra contesa, in un luogo che parla di amore ma che, nel contempo, non trova pace. Israele, Palestina e Giordania: queste sono state, nello specifico, le tappe del viaggio, della durata di sette giorni, organizzate da don Sabino Troia, parroco presso la Parrocchia Cuore Immacolato di Maria di Andria, da don Alessandro Amapani, parroco presso la chiesa di Sant'Agostino di Gravina di Puglia e dall'associazione cattolica andriese U.N.I.T.A.L.S.I..
Tali itinerari non solo hanno ripercorso i luoghi che tracciano la memoria della presenza di Gesù in Terra Santa, ma hanno fornito anche la possibilità di conoscere i frammenti della lunga storia di questo Paese e di scoprire i suoi mille volti. Infatti, trattasi di una striscia di terra che è la terra promessa da Dio al popolo ebraico, la terra promessa ad Abramo e alla sua discendenza, è la terra in cui è nato, morto e risorto Gesù ed è anche la stessa terra in cui Maometto, profeta dell'Islam, giunse al termine del suo miracoloso viaggio e da cui misticamente ascese al cielo. Insomma, una terra contesa da tre religioni monoteiste nate nel Mediterraneo ed è per questo divenuta, nel corso dei secoli, teatro di guerre che sembrano non avere mai fine.
"Quando ci si mette in cammino sulla Terra Santa, il Vangelo acquisisce un significato differente: non è più surreale o ideale, ma diventa concreto – è quanto dichiara don Alessandro - Diventa persona. Perché noi andiamo ad incontrare le persone che vivono in quel luogo. Il pellegrinaggio è una forma di preghiera, ma non siamo noi che vogliamo incontrare Dio. E' Dio che vuole incontrare noi in Gesù Cristo. Si tratta di mettersi in uno stato di accoglienza, che vuol dire preghiera. Ed è proprio attraverso la preghiera il Signore ci parla. E ci ha parlato anche attraverso i luoghi stessi della Terra Santa dove ha dato origine a una storia di salvezza. La Terra Santa è una esperienza di preghiera feriale, quotidiana dove ti lasci incontrare dal verbo che si è fatto carne".
Il viaggio, che ha intrecciato continuamente l'attenzione al percorso biblico e alle radici storiche della fede con l'attualità, i suoi drammi ma anche le sue bellezze e le sue testimonianze positive, è iniziato, lo scorso 9 settembre, da Betlemme, città fulcro della storia delle religioni, con la visita del Campo dei Pastori, il luogo dell'annunciazione, un posto sacro incorniciato tra verdi colline, per poi passare alla visita della Basilica della Natività: una delle chiese più antiche che esistano al mondo ed attualmente inserita nella lista del patrimonio mondiale dell'U.N.E.S.C.O.. Il pellegrinaggio è proseguito poi con la visita del Monte Nebo, il luogo più venerato della Giordania con il monumento dedicato a Mosè e del mar Morto fino a passare tra le lande sabbiose di Wadi Rum e le vie di Jerash e Petra, l'antica città dei Nabatei, che con la sua bellezza incontrastata rendono ardua, per chiunque, una descrizione verosimile del luogo.
Gerico e Gerusalemme, con l'annessa visita del muro del pianto, del quartiere ebraico, dell'antico cardo, del Santo Sepolcro, della sala crociata del Cenacolo, della Basilica della Dormizione di Maria e del colorato e vivace souk hanno suggellato il cammino di fede dei pellegrini. Insomma, un viaggio alla riscoperta della fede. Il contatto diretto con i luoghi santi, le letture del Vangelo sul posto, le celebrazioni delle messe da parte di don Alessandro hanno tramutato il pellegrinaggio in una vera e propria crescita spirituale, oltre che offrire ai fedeli la possibilità di assaporare la bellezza del creato e l'opera della manualità dell'uomo. Insieme al significato ecclesiale e culturale, il viaggio è stato anche opportunità di incontro con l'altro nello specchio del sacro è quanto, invece, asserisce don Sabino Troia: "Penso che l'esperienza di un pellegrinaggio sia profondamente significativa per la vita di ciascuno: ci aiuta ad uscire da noi stessi, dalla nostra comfort zone per poi spingerci verso realtà nuove e diverse, che ci affascinano e che, nel contempo, ci fanno paura. Questo uscire da noi stessi è necessario per darsi nuove progettualità di vita. Il Signore ci ha sempre chiesto di uscire da qualche parte: basti pensare che la confessione cristiana così come quella musulmana o ebraica nascono da una esperienza di pellegrinaggio. – puntualizza don Sabino – Infatti, ad esempio, lo stesso Dio ha chiesto ad Abramo "esci dalla tua terra e vai verso la Terra che ti mostrerò, solo così diventerai capostipite di una discendenza più numerosa delle stelle del cielo e più numerosa della sabbia che sta sulla spiaggia del mare". Quindi uscire dalla propria terra è importante per conoscersi e conoscere un Dio nuovo. Dio si rivela come un "Tu" da incontrare anche e soprattutto nella diversità: il pellegrinaggio ci porta verso Terre nuove, mondi nuovi e modi nuovi di pensare. E in quella diversità devo saper scorgere la presenza di Dio. Inoltre, il pellegrinaggio ha anche un altro aspetto importante: è esperienza di condivisione con gli altri. L'accoglienza, a volte faticosa, dell'altro ci dà lo spessore della nostra umanità: quanto più siamo capaci di cogliere gli altri, tanto più siamo capaci di vivere la nostra umanità. Noi siamo persone in relazione. Ciascuno di noi è unico e irripetibile nella sua fragilità e bellezza. Ed è proprio in quella diversità c'è il Signore. Ecco perché per me è importante vivere l'esperienza del pellegrinaggio – conclude don Sabino - Io posso affermare che ce l'ho nel sangue, perché da tanti anni sono al servizio dei pellegrini. Mi piace sempre condividere questa esperienza spirituale con tanti uomini, donne e amici che ho la grazia di incontrare e di ricevere da loro in cambio un pezzo di vita, che per me è una ricchezza straordinaria".
Galleria di immagini.
Tali itinerari non solo hanno ripercorso i luoghi che tracciano la memoria della presenza di Gesù in Terra Santa, ma hanno fornito anche la possibilità di conoscere i frammenti della lunga storia di questo Paese e di scoprire i suoi mille volti. Infatti, trattasi di una striscia di terra che è la terra promessa da Dio al popolo ebraico, la terra promessa ad Abramo e alla sua discendenza, è la terra in cui è nato, morto e risorto Gesù ed è anche la stessa terra in cui Maometto, profeta dell'Islam, giunse al termine del suo miracoloso viaggio e da cui misticamente ascese al cielo. Insomma, una terra contesa da tre religioni monoteiste nate nel Mediterraneo ed è per questo divenuta, nel corso dei secoli, teatro di guerre che sembrano non avere mai fine.
"Quando ci si mette in cammino sulla Terra Santa, il Vangelo acquisisce un significato differente: non è più surreale o ideale, ma diventa concreto – è quanto dichiara don Alessandro - Diventa persona. Perché noi andiamo ad incontrare le persone che vivono in quel luogo. Il pellegrinaggio è una forma di preghiera, ma non siamo noi che vogliamo incontrare Dio. E' Dio che vuole incontrare noi in Gesù Cristo. Si tratta di mettersi in uno stato di accoglienza, che vuol dire preghiera. Ed è proprio attraverso la preghiera il Signore ci parla. E ci ha parlato anche attraverso i luoghi stessi della Terra Santa dove ha dato origine a una storia di salvezza. La Terra Santa è una esperienza di preghiera feriale, quotidiana dove ti lasci incontrare dal verbo che si è fatto carne".
Il viaggio, che ha intrecciato continuamente l'attenzione al percorso biblico e alle radici storiche della fede con l'attualità, i suoi drammi ma anche le sue bellezze e le sue testimonianze positive, è iniziato, lo scorso 9 settembre, da Betlemme, città fulcro della storia delle religioni, con la visita del Campo dei Pastori, il luogo dell'annunciazione, un posto sacro incorniciato tra verdi colline, per poi passare alla visita della Basilica della Natività: una delle chiese più antiche che esistano al mondo ed attualmente inserita nella lista del patrimonio mondiale dell'U.N.E.S.C.O.. Il pellegrinaggio è proseguito poi con la visita del Monte Nebo, il luogo più venerato della Giordania con il monumento dedicato a Mosè e del mar Morto fino a passare tra le lande sabbiose di Wadi Rum e le vie di Jerash e Petra, l'antica città dei Nabatei, che con la sua bellezza incontrastata rendono ardua, per chiunque, una descrizione verosimile del luogo.
Gerico e Gerusalemme, con l'annessa visita del muro del pianto, del quartiere ebraico, dell'antico cardo, del Santo Sepolcro, della sala crociata del Cenacolo, della Basilica della Dormizione di Maria e del colorato e vivace souk hanno suggellato il cammino di fede dei pellegrini. Insomma, un viaggio alla riscoperta della fede. Il contatto diretto con i luoghi santi, le letture del Vangelo sul posto, le celebrazioni delle messe da parte di don Alessandro hanno tramutato il pellegrinaggio in una vera e propria crescita spirituale, oltre che offrire ai fedeli la possibilità di assaporare la bellezza del creato e l'opera della manualità dell'uomo. Insieme al significato ecclesiale e culturale, il viaggio è stato anche opportunità di incontro con l'altro nello specchio del sacro è quanto, invece, asserisce don Sabino Troia: "Penso che l'esperienza di un pellegrinaggio sia profondamente significativa per la vita di ciascuno: ci aiuta ad uscire da noi stessi, dalla nostra comfort zone per poi spingerci verso realtà nuove e diverse, che ci affascinano e che, nel contempo, ci fanno paura. Questo uscire da noi stessi è necessario per darsi nuove progettualità di vita. Il Signore ci ha sempre chiesto di uscire da qualche parte: basti pensare che la confessione cristiana così come quella musulmana o ebraica nascono da una esperienza di pellegrinaggio. – puntualizza don Sabino – Infatti, ad esempio, lo stesso Dio ha chiesto ad Abramo "esci dalla tua terra e vai verso la Terra che ti mostrerò, solo così diventerai capostipite di una discendenza più numerosa delle stelle del cielo e più numerosa della sabbia che sta sulla spiaggia del mare". Quindi uscire dalla propria terra è importante per conoscersi e conoscere un Dio nuovo. Dio si rivela come un "Tu" da incontrare anche e soprattutto nella diversità: il pellegrinaggio ci porta verso Terre nuove, mondi nuovi e modi nuovi di pensare. E in quella diversità devo saper scorgere la presenza di Dio. Inoltre, il pellegrinaggio ha anche un altro aspetto importante: è esperienza di condivisione con gli altri. L'accoglienza, a volte faticosa, dell'altro ci dà lo spessore della nostra umanità: quanto più siamo capaci di cogliere gli altri, tanto più siamo capaci di vivere la nostra umanità. Noi siamo persone in relazione. Ciascuno di noi è unico e irripetibile nella sua fragilità e bellezza. Ed è proprio in quella diversità c'è il Signore. Ecco perché per me è importante vivere l'esperienza del pellegrinaggio – conclude don Sabino - Io posso affermare che ce l'ho nel sangue, perché da tanti anni sono al servizio dei pellegrini. Mi piace sempre condividere questa esperienza spirituale con tanti uomini, donne e amici che ho la grazia di incontrare e di ricevere da loro in cambio un pezzo di vita, che per me è una ricchezza straordinaria".
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