Doppie aliquote IMU al Comune di Andria: raro caso in Italia
I chiarimenti del M.E.F. a seguito di un esposto presentato su questa vicenda legata ai tributi locali
lunedì 22 febbraio 2021
15.44
Le cronache degli ultimi giorni hanno riportato alla ribalta la vicenda legata agli avvisi di accertamento esecutivi, che il Comune di Andria ha spedito, per il pagamento delle somme dovute per l'anno 2015 a titolo di imposta municipale propria (IMU) e di tributo per i servizi indivisibili (TASI), per le quali era stato frazionato il periodo di imposta e applicata a ciascuna frazione un'aliquota diversa. In particolare, l'aliquota dell'IMU applicata nel 2015 dal Comune è stata pari allo 0,76 per cento per la frazione dell'anno compresa tra il 1° gennaio 2015 e il 31 agosto 2015 ed allo 0,86 per cento per la frazione dell'anno compresa tra il 1° settembre 2015 e il 31 dicembre 2015.
Su questa possibilità di una diversa imposizione tributaria è stato così inviato un esposto al Ministero dell'Economia e Finanze, per avere chiarimenti su quanto avvenuto.
Nello scorso mese di gennaio è così pervenuto il riscontro da parte del Ministero interpellato. In sostanza, dice il M.E.F., il Comune di Andria ha applicato la sentenza del T.A.R. Puglia, Sezione III, n. 397 del 21 marzo 2018, che a sua volta aveva applicato precedenti sentenze del Consiglio di Stato.
Quindi tutto chiarito? No!
Il M.E.F. chiarisce ulteriormente, in merito a questa situazione "sui generis" di far pagare lo stesso tributo dello stesso anno secondo due modi diversi, che proprio per fare chiarezza su un comportamento analogo, era intervenuto successivamente il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 945 dell'8 febbraio 2019.
E' stato così che il Consiglio di Stato è nuovamente intervenuto per chiarire cosa esattamente avesse inteso dire nelle proprie precedenti sentenze, per sgombrare il campo dalle varie interpretazioni.
Quindi, riporta sempre la nota del M.E.F., il Consiglio di Stato ha escluso espressamente che il contenuto delle proprie precedenti sentenze implicasse un frazionamento dell'anno d'imposta in due periodi, con applicazione a ciascuno di essi di una diversa aliquota ed ha precisato, altrettanto espressamente, che il principio che invece in quell'occasione si intendeva affermare, era quello per cui le aliquote approvate tardivamente conservano la loro validità, ma sono efficaci solo a far data dal successivo anno d'imposta.
Del resto, riporta ancora la nota del M.E.F., anche la Corte dei Conti, Sezione di controllo per la Regione siciliana, già nelle deliberazioni n. 178 e n. 179 del 26 ottobre 2017, aveva detto che "eventuali aumenti delle tariffe in data successiva al termine per l'approvazione del bilancio di previsione saranno inevitabilmente tardivi e non saranno applicabili retroattivamente, ma saranno validi soltanto a decorrere dall'esercizio finanziario successivo".
Quindi, leggendo la nota del M.E.F., sembra che il Comune non doveva chiedere nessuna maggiorazione. Ma allora, alla luce di questi chiarimenti del M.E.F. cosa dovrebbe fare il Comune di Andria per sbrogliare definitivamente questa intricata questione?
Lo dice, nella parte conclusiva, sempre la stessa nota del M.E.F., cioè "ricorrere allo strumento processuale di cui all'art. 112, comma 5, c.p.a, che consente di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza", in parole povere tornare dai giudici e chiedere un definitivo chiarimento su come l'amministrazione comunale, a salvaguardia della responsabilità di tutti, si deve comportare con i cittadini andriesi.
"Siamo ben consapevoli che su questa vicenda pesano le decisioni assunte dalla passata amministrazione –sottolinea l'assessore comunale alle Finanze Giuseppe Tammaccaro-. Abbiamo dovuto procedere per l'inoltro degli accertamenti quale atto dovuto. Come amministrazione abbiamo approvato nei giorni scorsi lo schema di protocollo con studi commerciali, patronati ed assistenza fiscale con il quale sono state individuate le procedure, ovvero le modalità operative da seguire per definire gli avvisi di accertamento Tasi, Tari e IMU 2015, emessi nelle settimane scorse. Purtroppo per quanto riguarda le auspicate pronunce giudiziarie dirimenti, attendiamo gli esiti di quelle instaurate dai singoli contribuenti, circa la problematica relativa alle doppie aliquote applicate per la nostra città. Ci riserviamo comunque di intervenire, proprio alla luce di quanto emergerà all'esito dei ricorsi presentati".
Su questa possibilità di una diversa imposizione tributaria è stato così inviato un esposto al Ministero dell'Economia e Finanze, per avere chiarimenti su quanto avvenuto.
Nello scorso mese di gennaio è così pervenuto il riscontro da parte del Ministero interpellato. In sostanza, dice il M.E.F., il Comune di Andria ha applicato la sentenza del T.A.R. Puglia, Sezione III, n. 397 del 21 marzo 2018, che a sua volta aveva applicato precedenti sentenze del Consiglio di Stato.
Quindi tutto chiarito? No!
Il M.E.F. chiarisce ulteriormente, in merito a questa situazione "sui generis" di far pagare lo stesso tributo dello stesso anno secondo due modi diversi, che proprio per fare chiarezza su un comportamento analogo, era intervenuto successivamente il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 945 dell'8 febbraio 2019.
E' stato così che il Consiglio di Stato è nuovamente intervenuto per chiarire cosa esattamente avesse inteso dire nelle proprie precedenti sentenze, per sgombrare il campo dalle varie interpretazioni.
Quindi, riporta sempre la nota del M.E.F., il Consiglio di Stato ha escluso espressamente che il contenuto delle proprie precedenti sentenze implicasse un frazionamento dell'anno d'imposta in due periodi, con applicazione a ciascuno di essi di una diversa aliquota ed ha precisato, altrettanto espressamente, che il principio che invece in quell'occasione si intendeva affermare, era quello per cui le aliquote approvate tardivamente conservano la loro validità, ma sono efficaci solo a far data dal successivo anno d'imposta.
Del resto, riporta ancora la nota del M.E.F., anche la Corte dei Conti, Sezione di controllo per la Regione siciliana, già nelle deliberazioni n. 178 e n. 179 del 26 ottobre 2017, aveva detto che "eventuali aumenti delle tariffe in data successiva al termine per l'approvazione del bilancio di previsione saranno inevitabilmente tardivi e non saranno applicabili retroattivamente, ma saranno validi soltanto a decorrere dall'esercizio finanziario successivo".
Quindi, leggendo la nota del M.E.F., sembra che il Comune non doveva chiedere nessuna maggiorazione. Ma allora, alla luce di questi chiarimenti del M.E.F. cosa dovrebbe fare il Comune di Andria per sbrogliare definitivamente questa intricata questione?
Lo dice, nella parte conclusiva, sempre la stessa nota del M.E.F., cioè "ricorrere allo strumento processuale di cui all'art. 112, comma 5, c.p.a, che consente di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza", in parole povere tornare dai giudici e chiedere un definitivo chiarimento su come l'amministrazione comunale, a salvaguardia della responsabilità di tutti, si deve comportare con i cittadini andriesi.
"Siamo ben consapevoli che su questa vicenda pesano le decisioni assunte dalla passata amministrazione –sottolinea l'assessore comunale alle Finanze Giuseppe Tammaccaro-. Abbiamo dovuto procedere per l'inoltro degli accertamenti quale atto dovuto. Come amministrazione abbiamo approvato nei giorni scorsi lo schema di protocollo con studi commerciali, patronati ed assistenza fiscale con il quale sono state individuate le procedure, ovvero le modalità operative da seguire per definire gli avvisi di accertamento Tasi, Tari e IMU 2015, emessi nelle settimane scorse. Purtroppo per quanto riguarda le auspicate pronunce giudiziarie dirimenti, attendiamo gli esiti di quelle instaurate dai singoli contribuenti, circa la problematica relativa alle doppie aliquote applicate per la nostra città. Ci riserviamo comunque di intervenire, proprio alla luce di quanto emergerà all'esito dei ricorsi presentati".