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Utilizzo del carbone vegetale nei prodotti della panetteria

Tanto colore per nulla!

E' il food trend del momento, nero come la pece, da far impallidire il pane di segale, di colore uniforme nella crosta e nella mollica, e dai presunti effetti benefici per la salute. Parliamo del pane al carbone vegetale, realizzato unendo al tradizionale impasto per il pane a base di farina e lievito del carbone vegetale, solitamente utilizzato invece come integratore naturale utile a sgonfiare la pancia e a favorire la digestione. E con lo stesso sistema sono preparati anche cornetti e panini da bar, per una colazione o uno spuntino un po' dark.

Certo, l'idea di mangiare cibo nero non è di per sé molto allettante tant'è che da tempo abbiamo imparato a scartare le parti carbonizzate di carne e pizza in quanto ben informati del loro potere cancerogeno. Le parti bruciate contengono, infatti, benzopirene ed altri idrocarburi policiclici aromatici altamente nocivi per la salute umana. Ma nel caso del pane nero questo resistenze vengono superate in virtù dei claims salutistici che impazzano sul web. Questo prodotto infatti promette gli stessi vantaggi dell'integratore: digeribilità, colesterolo sotto controllo, capacità gas-assorbente che limita pancia gonfia e bruciori di stomaco.

Da cosa deriva il carbone vegetale? E' il risultato della combustione di legni diversi o dai gusci e noccioli di frutta a temperature molto elevate e in atmosfera priva di ossigeno (tecnicamente detta pirolisi). Il carbone viene poi trattato perché acquisisca la porosità che ne condizione la capacità assorbente e ridotto a polvere finissima ed estremamente porosa, inodore e insapore. Una volta in circolo si comporta come una spugna:lega le sostanze che si trovano nello stomaco, le intrappola e impedisce all'organismo di assorbirle.

Come nasce la moda? Per molte persone il pane risulta poco digeribile. L'esigenza sempre più crescente di far fronte alle richieste del mercato ha quindi portato l'industria alimentare a sviluppare innovazioni nel settore. Ma la grande diffusione e la fortuna di questo pane potrebbe essere dovuta anche ad altro, come ad esempio, la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo in cucina, che colpisca magari per il colore e che possa accattivare per le sue proprietà. Un esperimento di successo condotto nelle cucine degli chef: quale poteva essere un colorante nero come il carbone che consentisse di preparare piatti scenografici senza alterarne il sapore?

La normativa europea. Quando impiegato come additivo alimentare il carbone vegetale si identifica con la sigla E153. Il suo utilizzo nei paesi dell'Unione Europea è autorizzato dai regolamenti CE n. 1333/2008 e 1129/2011. L'autorità Europea per la sicurezza alimentare (EFSA) si è pronunciata nel senso che il carbone vegetale utilizzato come colorante negli alimenti non presenta problemi di sicurezza (a condizione che gli idrocarburi policiclici aromatici eventualmente residuati nell'additivo siano inferiori a 1,0 µg/kg).

Si badi però che nell'ampia gamma di alimenti in cui il carbone vegetale è ammesso, non figura il pane propriamente detto, bensì i suoi sostitutivi. Anzi, la normativa prevede espressamente che in tutti i vari tipi di pane, sia per forma (panino, pagnotta, rosetta, michetta, filone) che per varietà di ingredienti aggiunti (pane all'olio, pane al latte, pane al sesamo), il carbone vegetale non possa essere utilizzato.

È ammesso invece per tutti gli altri prodotti definiti "prodotti da forno fini" (ad esempio grissini, cracker, cornetti) a condizione però che vi sia una necessità tecnologica per il suo impiego e con un utilizzo proporzionato al raggiungimento della finalità di colorante naturale, il c.d. quantum satis (quanto basta) previsto dalla norma. Tutti questi prodotti ai quali è aggiunto il colorante E153 non possono in alcun modo essere denominati "pane".

L'eventuale denominazione di vendita "Pane al carbone vegetale", se potenzialmente corretta da un punto di vista di semplice denominazione legale (Reg. UE 1169/2011), non è lecita, poiché implica l'utilizzo, vietato, dell'E153 nell'impasto del pane.

Benché il carbone vegetale possa avere effetti benefici sull'organismo (è infatti utilizzato anche sotto forma di integratore alimentare), non è ammissibile indicare sull'etichettatura dei prodotti che lo contengono alcuna informazione che faccia riferimento ai suoi potenziali effetti benefici, in quanto utilizzato come semplice colorante.

Certo, fa riflettere che in alcuni Paesi come ad esempio negli Stati Uniti la Fda, Food and Drug administration (l'equivalente europeo dell'Fda) ne vieta l'uso alimentare a causa delle sue potenzialità cancerogene. Non si esclude infatti in maniera assoluta la presenza di benzopirene. Dunque nelle bakeries d'oltreoceano non troveremo pane o cornetti neri.

Il beneficio per il consumatore? Partiamo dal gusto: rispetto al prodotto tradizionale il sapore non cambia minimamente. Facile confondersi, insomma, se l'assaggio viene fatto ad occhi chiusi. A differenza delle farine scure come quella di segale o di grano saraceno, il carbone vegetale è assolutamente insapore.

Per quanto riguarda gli effetti benefici sulla salute, in molti, nella comunità scientifica, dubitano che le quantità di carbone utilizzate come additivo nelle preparazioni alimentari consentano di paragonarlo e classificarlo come alimento funzionale nella soluzione dei disturbi di gonfiore intestinale.

E i medici invitano anche a riflettere sul fatto che, una volta ingerito, il carbone vegetale ha la capacità di legare qualsiasi cosa transiti lungo il canale digerente, raccomandando di limitare utilizzo in caso di assunzione di farmaci. Questi alimenti hanno grande capacità di assorbimento dei principi attivi dei farmaci che, assunti in una finestra temporale che va da 30 minuti prima a 2 ore dopo aver assunto del carbone vegetale, non verranno assorbiti oppure verranno assorbiti parzialmente. Inoltre potrebbe ridurre l'assorbimento di alcune vitamine e minerali preziosi per l'organismo con il rischio di carenze, specie nei bambini.

Da non trascurare, infine, l'aspetto economico: un kg di pane al carbone può costare fino ad 8 euro.

Insomma l'utilità per il consumatore finale è scarsa mentre altri potrebbero essere i rischi, soprattutto quelli legati alla farmocinetica.

Cui prodest? No di certo al gusto, alla salute e al portafoglio!
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