Padre Giuseppe Civerra
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Cronaca

Ad un mese dalla scomparsa di padre Giuseppe Civerra

Il ricordo del sacerdote Dehoniano da parte del diacono Melillo

Chi è stato Padre Giuseppe Civerra?
A questa domanda, a circa un mese dalla sua scomparsa risponde il diacono Michele Melillo -una Santa Messa in suffragio, nel trigesimo della dipartita terrena sarà officiata venerdì 21 ottobre, alle ore 20 presso il Santuario del SS. Salvatore -. Non certo solo il prete-professore, che giunto dall'Inghilterra dove si era recato per imparare al meglio l'inglese. Egli insegnò agli orfani e agli apostolini (aspiranti al sacerdozio), la lingua inglese, ma anche matematica, il disegno, il bel canto.

Una definizione lo qualifica: il prete intraprendente, che non si fermava a ricoprire solo l'incarico ricevuto dal Padre Superiore, ma che si interessava di tutte le realtà presenti presso l'Opera. Al Centro Professionale dell'ENAIP, lo vedevi nel settore dei radiotecnici, tra gli ebanisti, tra i saldatori metalmeccanici.

Padre Giuseppe Leone s.c.j. quando avviò la tipografia, lo potevi vedere sulle macchine da stampa e offrire la sua inventiva per rendere alcune macchine manuali più tecnologiche. Era il prete instancabile e inventore. Organizzava commedie musicali coinvolgendo educatori laici, orfani e apostolini. Ricordo per esempio "La Gara in Montagna", commedia musicale interpretata dal "grande" Peppino Cappabianca, educatore tra gli orfani e il Prof. di disegno De Santis. Metteva in scena rappresentazioni teatrali come per esempio "Davide e Golia". Il gigante era interpretato da P. Pomes, Davide da un orfano bassino e il profeta Samuele con grande professionalità dall'immancabile Peppino Cappabianca. In una circostanza festosa, con orfani e apostolici fece eseguire "Và pensiero" tratto dall'opera verdiana "Il Nabucco".

Ancora un episodio vissuto in prima persona con altri apostolici. Gli elettricisti, negli ambienti dell'Opera lasciavano pezzi di tubi in plastica di vari diametri che servivano per inserire i cavi elettrici; noi li raccoglievamo e realizzavamo pifferi artigianali, creando così vari suoni, organizzando tra noi la "banda dei pifferai", eseguendo varie melodie popolari.

Il custode dell'Opera, Savino, aveva allevato per tanti anni un grosso cane mastino napoletano chiamato "Nerone". Questo aveva raggiunto la sua età adulta e morì. P. Civerra subito pensò di fare un solenne funerale folcloristico: aiutato da alcuni muratori, depose il grosso cane nella carriola, chiamò gli apostolini con i pifferi e lungo il percorso per la sepoltura suonammo la marcia funebre.

Ancora un ricordo della intraprendenza di Padre Civerra: nel terreno circostante la grande "Casa", aveva notato un lastrone di pietra molto grande che affiorava dal terreno: Con una pesante mazza, usata nelle cave di pietra, incominciò a batterlo, sperando di spaccarlo. Si era accorto che ad ogni colpo sentiva il rimbombo nella profondità del terreno. Disse: "Qui sotto certamente ci sono le grotte" e continuò a percuotere giorno dopo giorno quel grande masso, ma né la mazza, né le grosse gocce di sudore riuscirono a scalfire la pietra; A malincuore dovette desistere. Purtroppo a quei tempi (circa sessanta anni fa) non aveva i mezzi adeguati per perforare il grande masso.

Un'opera però riuscì a portarla a termine, realizzando con l'aiuto dei maestri metalmeccanici del Centro ENAIP: il telescopio. Forse il più grande del meridione; e quando fu completato a piccoli gruppi ci fece vedere la luna. Oggi è nella cupola girevole, forse l'unica cosa che continua a funzionare presso l'Opera ormai da anni chiusa. Infatti non ci sono più gli orfani dell'ENAOLI, non ci sono più gli apostolini per mancanza di vocazioni. Vedere da lontano e da vicino quella grande Opera, voluta da Padre Vincenzo Gammariello s.c.j., ormai in stato di abbandono a me fa tanta pena.

Quando l'Opera era in piena attività, con l'aiuto di tanti sacerdoti come P. Civerra, sono usciti giovani con un Diploma professionale, con una educazione sociale, civile e religiosa. Anche la Scuola Apostolica ha dato i suoi frutti, non tanti…, ma sono usciti un vescovo, Padri che sono sparsi nelle Case Apostoliche, altri sono missionari, qualcuno è diacono permanente, altri sono collaboratori nelle proprie parrocchie e tanti laici sono iscritti all'Unione ex-allievi dehoniani. Laici che testimoniano ciò che di buono hanno ricevuto dai Padri che sono passati da Barbadangelo.

Si potrebbero elencare tanti nomi, ma mi limito a ricordarne alcuni: P. Vincenzo Gammariello s.c.j. fondatore, P. Paolo Tanzella s.c.j., P. Giuseppe Leone s.c.j., P. Giuseppe Morandini s.c.j., P. Mario Piacentini s.c.j. e non ultimo Padre Giuseppe Civerra s.c.j. come tanti altri Padri che vennero negli anni successivi. Su ciascuno di essi c'è tanto da raccontare.

La presenza di P. Civerra al Santuario SS. Salvatore inizia ufficialmente quando Mons. Francesco Brustia, vescovo di Andria, volle affidare ai Padri Dehoniani il Santuario, da diversi anni in situazioni precarie e poco frequentato. Mi fermo qui -conclude il diacono Michele Melillo -, perché già altri a loro modo hanno raccontato sulle imprese svolte da P. Civerra presso il Santuario del SS. Salvatore; ora penso che una gigantografia potrebbe dominare in uno degli ambienti del Santuario, magari con altre foto più piccole che raccontino la sua vita di prete intraprendente.
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