Immigrazione, centrosinistra: «Il "sommerso" riguarda tutti anche italiani»

La visione dell'opposizione della mozione approvata nell'ultimo consiglio comunale

mercoledì 4 novembre 2015 11.26
«La maggioranza di centrodestra ha approvato, nel Consiglio comunale del 27 ottobre scorso, una delibera che si propone di compiere una indagine sulla presenza degli immigrati nella nostra Comunità e di promuovere un coordinamento in materia fra amministrazione locale, Prefettura e forze dell'ordine. La conoscenza di ogni condizione umana e sociale è fondamentale per capirne le cause e individuare i rimedi. È certamente una regola di base per chi è impegnato in politica. Ma le motivazioni e gli strumenti che si mettono in atto possono avere presupposti diversi; e le risposte raccolte naturalmente cambiano. Un antropologo contemporaneo ha scritto: "quanto male può fare una domanda", "può uccidere, ma può salvare la vita". Nella domanda trasferiamo la nostra visione di vita. Non ci sono domande neutre». E' la nota del centrosinistra andriese in Consiglio Comunale arrivata dopo l'assise che ha approvato la mozione. Si tratta dei gruppi consiliari di PD, Progetto Andria, Sabino Fortunato per Andria, Emiliano Sindaco di Puglia.

«La posizione divergente dei gruppi consiliari di centrosinistra dalla proposta deliberativa di iniziativa popolare, avanzata dal Club Forza Silvio, non riguarda ovviamente la opportunità della conoscenza della condizione degli immigrati, ma la motivazione espressa nelle premesse e nelle considerazioni della stessa proposta. Gli immigrati vi sono descritti come responsabili della manodopera a basso costo, locatari con contratti a nero, fautori di violenza, insomma come il male della nostra società. Una comunità educante ha bisogno di istituzioni che sappiano cogliere i segni dei tempi, puntando alla crescita in umanità di ciascuno che vi entri a far parte. Ora è il tempo di rinunciare ai protagonismi, di rimboccarsi le maniche insieme ai tanti cittadini e alle associazioni di volontariato, per contribuire alla edificazione di una città a misura d'uomo. È chiaro che in un periodo difficile dal punto di vista economico, occupazionale, di scarsa corresponsabilità civile, le cui cause non sono certamente attribuibili al fenomeno immigratorio, affrontare il problema nei termini suddetti significa fuggire dall'analisi della complessità del fenomeno, per evitare di mettere in campo le responsabilità di chi amministra e di ciascuno di noi. Non è rispettoso verso i cittadini più fragili dare l'illusione che la soluzione sia semplice e immediata e che si ritrovi in un atteggiamento poliziesco e repressivo».

«L'indagine potrebbe essere utilizzata per rendere evidenti fenomeni sommersi, che riguardano tuttavia i nostri concittadini e non solo gli immigrati: lo sfruttamento della manodopera nei laboratori, nelle campagne e in altri settori meno evidenti; le locazioni di ambienti non idonei effettuate "a nero"; il mancato rispetto delle norme di civile convivenza, soprattutto nel nostro centro storico. Questi sono solo alcuni esempi per invitare l'Amministrazione ad essere più vigile e presente nel controllare i suddetti fenomeni. Attribuire certe disfunzioni in maniera semplicistica ad una sola causa e per giunta esterna alla comunità, deresponsabilizza tutti gli altri. Oggi, in ogni ambito, ma in particolare in politica, per non affrontare le situazioni ormai intrinsecamente complesse si ricorre a processi di semplificazione, che tuttavia non servono a risolvere i problemi, ma semmai a renderli più cronici. La soluzione di situazioni complesse non può essere affrontata a breve termine, come "il tempo di una legislatura per la riconferma"; ma richiede tempi lunghi in cui "c'è chi semina e c'è chi raccoglie". La politica con la "P" maiuscola dovrebbe avere il coraggio di riappropriarsi di questa visione più alta e più lungimirante».

«Per concludere, riteniamo giusto che a livello comunale ci sia una attenzione mirata alla conoscenza del fenomeno immigratorio, ma con l'obiettivo di "utilizzare" questa conoscenza per comprendere meglio le dinamiche della nostra realtà locale, che spesso abusa del fenomeno, per individuare strategie che diano dignità a chi anche nel bisogno "è persona", per alimentare politiche in grado di offrire ragioni di speranza, tenendo conto di tutti gli aspetti dell'esistenza umana per una cultura inclusiva a misura d'uomo, per promuovere e sostenere la cultura della solidarietà e non certo alimentare allarmismo sociale e dannose guerre fra poveri».