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Cancellazione dei profili nutrizionali: dopo il sì dell'UE, il gioco degli equivoci

Nessuna bocciatuta per etichette a semaforo

Il 12 aprile scorso a Strasburgo il Parlamento europeo ha votato a favore dell'abolizione dei profili nutrizionali, a suo tempo introdotti nel "regolamento claims". All'indomani media, politici e associazioni di categoria hanno annunciato la bocciatura delle etichette semaforo da parte dell'Europarlamento salutando con favore una risoluzione ritenuta a tutela delle eccellenze della dieta mediterranea e l'export made in Italy, salvando alimenti tipici delle nostre regioni dall'ignominia dei bollini rossi in etichetta.

Negli altri paesi europei la notizia non ha avuto la stessa risonanza, probabilmente perché l'UE non ha mai bocciato le etichette a semaforo e gli articoli circolati in Italia evidenziano una certa confusione tra profili nutrizionali ed l'etichetta semaforo. Confusione diffusa su una norma che non è mai stata compresa, né tantomeno attuata.

Il Parlamento europeo ha infatti invitato a ripensare i profili nutrizionali degli alimenti previsti nella 1924/2006, ma questa cosa è ben diversa dalle etichette semaforo previste nel regolamento UE 1169/2011, che da anni ne autorizza l'adozione su base volontaria.

L'etichetta nutrizionale a tre colori è stata introdotta in Gran Bretagna come strumento volontario nel giugno 2013. Raccomandata dal Ministero della salute britannico ed ampiamente adottata dalla quasi totalità degli alimenti venduti in UK e in molti prodotti francesi, prende in considerazione le calorie, i grassi, gli zuccheri e il sale presenti in 100 grammi di prodotto. Quando la quantità dei singoli nutrienti supera il livello consigliato riporta un bollino rosso, se invece è presente in quantità corrette il colore è verde, mentre nei casi intermedi il colore diventa giallo.

L'Italia si è da sempre schierata in senso contrario al suo utilizzo. Secondo il Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, infatti, essa rappresenta un «elemento distorsivo del mercato - e provoca - danni economici e d'immagine ai nostri prodotti e nessun beneficio ai consumatori, non promuove una dieta sana e un equilibrio nello stile alimentare, classificando i cibi con parametri discutibili e approssimativi».

L'oggetto del ripensamento dell'Europarlamento è invece il c.d. "regolamento claims" che ha introdotto regole comuni circa le indicazioni su nutrizione e salute da ammettersi nell'informazione commerciale dei prodotti alimentari.

Invero, profili nutrizionali vennero a loro tempo sviluppati e condivisi dai colossi multinazionali del settore alimentare con l'obiettivo di auto-disciplinare le campagne di 'marketing' ispirate a salute e benessere. L'idea era quella di astenersi dal promuovere ipotetiche virtù nutritive o salutistiche su prodotti di per sè poco equilibrati dal punto di vista nutrizionale nell'intento di concordare un' approccio in via preventiva, per limitare la concorrenza sleale e ridurre le contestazioni da parte di imprese, consumatori e autorità, nei confronti di pratiche commerciali scorrette.

Il legislatore europeo recependo queste istanze introdusse i profili nutrizionali (nutrient profiles) nel regolamento sulle diciture salutistiche che si possono riportare in etichetta (nutrition & health claims). La Commissione europea era stata delegata a definire entro breve tempo le caratteristiche dei profili che le varie categorie di alimenti devono rispettare per poter associare benefici salutistici ai prodotti. L'esecutivo di Bruxelles avrebbe dovuto perciò definire alcuni semplici criteri - quali il valore energetico e/o i tenori massimi di grassi, grassi saturi, zuccheri e sodio - al fine di escludere che i "cibi di indulgenza" potessero venire pubblicizzati con leve di marketing improntate al benessere fisico. Lo scopo era impedire l'abbinamento di slogan salutistici ai prodotti squilibrati dal punto di vista nutrizionale (junk-food)

Inoltre, vi era l'obiettivo di incentivare la riformulazione in chiave salutistica di certi prodotti (ad esempio, riducendo sale, zuccheri e grassi non indispensabili) in modo da poterli fare rientrare nei profili nutrizionali corretti e si prevedeva la possibilità per gli alimenti tradizionali, quali ad esempio gli oli d'oliva e i formaggi a pasta dura, di essere esentati dall'applicazione dei profili.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità in Europa ha nel frattempo elaborato un documento rivolto alle amministrazioni nazionali e sovranazionali, sulle modalità da seguire per elaborare i profili nutrizionali, nella speranza di poter arginare i gravi problemi di sanità pubblica che si associano a diete squilibrate e stili di vita insalubri.

Ma la Commissione europea, nei quasi dieci anni trascorsi dall'emanazione del "regolamento claims", non ha adempiuto all'obbligo di realizzare questi fatidici profili.

Il solo risultato della definitiva cancellazione dei profili nutrizionali dal "regolamento claims", sarebbe quello di avallare le pratiche commerciali di molti prodotti squilibrati dal punto di vista nutrizionale, che però vengono reclamizzati come fossero 'buoni per la salute' solo perché addizionati di vitamine o sali minerali . Un esempio di queste pratiche commerciali scorrette, viene proposta nella ricerca di FoodWatch realizzata in Germania e in Olanda. Lo studio elenca 300 prodotti - classificabili spesso come junk food e in molti casi destinati a bambini e adolescenti - che riportano sulle confezioni diciture salutistiche. Un esempio italiano riguarda Nesquik che, pur avendo il 75% di zuccheri, propone 4 claims salutistici.
  • unione europea
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